venerdì 25 dicembre 2020

Letterina

 Caro Gesù Bambino,

quest'anno non sono stata molto brava: sono stata presuntuosa, superficiale, irritabile, lamentosa. Ho trascurato in infiniti modi le persone che amo, e anche quando ho fatto il massimo, il massimo non era abbastanza.

Se però tu fossi così buono da pensare di portarmi un regalo vorrei che facessi resuscitare tutti i pazienti che sono morti. Questo permetterebbe a me e ai miei colleghi di dormire meglio e di non svegliarsi la notte a guardare il soffitto.

Se questo ti sembra un po' troppo lo capisco, in tal caso mi andrebbe bene anche del Valium in gocce. O della marijuana.

Sì, probabilmente la marijuana.

Buon Natale

Prop.

venerdì 11 dicembre 2020

Le gioie del matrimonio

- Pronto? Pronto? Mi senti?
- Si, amore, ti sento... 
- Sti cinesi demmerda.... Guarda che c'ha ragione Trump.... 
- ? 
- ... 
- Te tutto bene? 
- Si, amore, tutto bene
- Ok, ciao 
(clic) 

venerdì 4 dicembre 2020

Euforia da stress

Capita che ci siano turni in cui 6 ore non bastano a fare tutto e anche lavorando a ritmi forsennati ci sono sempre cose da fare urgentemente , cioè più urgentemente di sempre.

A volte, verso la fine del turno, compare una specie di "euforia da stanchezza" per cui, pur lavorando sempre alla massima velocità si comincian a dire stupidaggini degne dell'ultima fila del pullman in seconda media.

ieri, per esempio , verso le 19.00 sono andata dai miei infermieri e con gli occhioni da cerbiatto gli ho detto, indicando un paziente molto grave, "Cari, lo so che mi odiate, ma non c'è niente da fare: bisogna pronarlo" . Mi hanno guardato con gli occhi di Cristo che mormora "allontana da me questo calice", ma siccome sono infermieri e quindi intrensecamente votati al martirio, hanno cominciato a preparare per intubare. 

Mentre erano là che si insultavano ridendo in ogni modo, coinvolgendo anche i pazienti dei letti 2, 3 e 4 che ridevano nelle loro maschere ad ossigeno, io ho detto una frase in cui c'era la parola " mia figlia"

"Ma tu hai una figlia?" ha chiesto uno "ma quanti anni ha? a quanti anni l'hai fatta?"

"Ma guarda che ho 44 anni, non l'ho fatta mica tanto presto!" ho risposto ridendo

"Maddai! " mi ha detto senza malizia "pensavo che eri giovane!" 

l'ho guardato attraverso la visiera: "G, questa è una delle cose peggiori che mi hanno detto nella vita..." 

e lui: "lo so, ma mi è venuta spontanea"


venerdì 27 novembre 2020

Intubare o non intubare?questo è il dilemma

C'è una stranissima polemica sul web sull'intubazione nei pazienti covid, in cui gente che neanche sa dove sta la trachea discute di fisiopatologia respiratoria. è un po, come se io domani faccio un post sul Mes, così , senza senso, come se avessi giocato a keyforge con Draghi fino a ieri.

Al di là di queste cose strane il problema è ampiamente discusso tra gli addetti ai lavori e lo è perchè una delle caratteristiche più strane del covid è quella di abbassare spaventosamente l'ossigeno nel sangue in un modo tale che il paziente non lo percepisce. QUando dico spaventosamente intendo dire che se il valore normale di riferimeno per la ventilazione  (detto PaO2/FiO2) è superiore a 400, i pazienti covid arrivano tranquillamente a 65. Diciamo che questo è un limite, ma in media quelli che arrivano da noi hanno valori inferiori a 150. 

Ti trovi a letto di uno , perfettamente vigile e cosciente, che spippola sul telefonino,  con le labbra blu e ti chiede "allora come sto andando dottoressa?" e tu hai in mano il foglietto dell'emogasanalisi (analisi dei gas respiratori nel sangue arterioso) con dei numeri che fino a marzo avresti creduto incompatibili con la vita e sorridendo rispondi "eh, insomma, non male, eh...faccia dei bei respiri..." mentre nella tua testa ti chiedi: devo intubarlo?

eh sì, perchè questa condizione anomala non va avanti all'infinito, ad un certo punto l'equilibrio si spezza e a quel punto il polmone ha finito le sue riserve e anche se lo intubi difficilmente ne uscirà. 

Però noi siamo abituati a intubare gente che non respira, che sta in gasping, che è sudata e marezzata... è contrario ad ogni reazione umana prendere un cristiano che "sta bene" , addormentarlo, sedarlo curarizzarlo e passargli un tubo in gola.

E come al solito, mentre il resto del mondo dice stupidaggini noi dobbiamo decidere, sulla base di quello che sappiamo e di quello che ci diciamo gli uni con gli altri, perchè di certezze , ad oggi non ce ne sono.

venerdì 20 novembre 2020

Pause di anormalità

 La cosa bella di lavorare in un ospedale grande , una delle tante, è la possibilità, visto che siamo tanti colleghi di avere dei giorni di riposo dal Covid. 

Per tutta la serie di ragioni già ampiamente enumerate nella prima ondata i turni covid sono pesanti e tristi e avere una pausa di "normalità" è necessario almeno per la tenuta fisica, oltre che per quella mentale.

Io ho fatto i primi 15 giorni covid e poi sono tornata alla mia piccola ortopedia, sperduta nella arte più boscosa dell'ospedale e ignorata da tutti con i suoi 8 anestesisti e la sua piccola rianimazione.

lavorare in una sala operatoria normale ai tempi del covid è surreale. 

le liste operatorie sono tagliate alle urgenze e ai tumori e si cerca di rimandare più che si può. Con tutti gli anestesisti impegnati in altro le preospedalizzazioni ritardano e insomma, la scorsa settimana avevamo ua lista pomeridiana che comprendeva due unghie incarnite.

Di solito l'unghia incarnita si fa nella pausa pranzo mentre stanno tutti a mangiare compreso il chirurgo.

queste sono state le due unghie incarnite più seguite della storia anestesiologica:  ci ho parlato a lungo, abbiamo messo l'agocannula, le ho monitorizzate che manco un fegato, sedate,ho fatto il protettore gastrico,l'anibiotico e l'antidolorifico e praticamente ho scritto la cartella su pergamena miniando i capoversi con inchiostri colorati. alle 17.26 eravamo là che guardavamo il muro aspettando le 20....

è stato bellissimo. 

Peccato che la settimana prossima torno al covid.



venerdì 13 novembre 2020

L' Università

Amputazione di gamba: mentre sto con l'ago nella coscia del paziente, cercando il nervo per addormentarlo, mi si avvicina lo specializzando del primo anno col telefonino all'orecchio. "Scusa, è lo strutturato. Dice tra quanto inizia l'intervento che lui sta a casa e deve venire" 

La mia romanità emerge prepotentemente prima di ogni considerazione sull'educazione: "Me stai a pijà per culo?!" 
lui mi guarda con gli occhioni sgranati "no, ma guarda che abita qua dietro... " balbetta. 

Ho lo stesso sguardo della tigre dei denti a sciabola di fronte al tenero agnellino che sta per sbranare. Quello sguardo di fronte a cui pure mio marito, che pesa 100 chili rincula prudentemente. 

"Gli dico di venire subito, che qua siamo pronti" bela
"Sarà meglio." 

venerdì 6 novembre 2020

Caro lei quando c'era lui

 Io ormai ho girato un bel po' di ospedali, 3 regioni e due nazioni su due contienti diversi. Ebbene, in ognuno dei posti in cui sono stata tutti dicevano: ehhh, adesso è così, ma avresti dovuto vedere com'era prima! qua quando c'era Tizio le cose erano diverse! allora sì che si lavorava bene!

E non importa se si parlava di ortopedici, chirurghi o ginecologi. In qualunque posto c'era sempre un mitologico prima in cui le cose funzionavano meglio e tutti erano più bravi. 

Mi ricordo quando ero specializzanda, l'infermiere che diceva: ehhhh, qua prima c'era Tarantelli che intubava con una mano sola!!!! mica come voi che non siete capaci! quando c'era lui i pazienti non avevano mai difficoltà!"

E' possibile che tutto fosse meglio 20 anni fa; io però giro per gli ospedali da 20 anni giusti e se penso a quelli che avevo come compagni di università mi ricordo delle belle teste di cazzo. 

Tra miei colleghi di specializzazione ce ne stavano senz'altro alcuni  fuori del comune, ma anche una bella fetta di gente negata che non vorrei mai trovarmi in sala operatoria e altrettanti che s'imboscavano in tutti modi per non lavorare.

E non posso dire che tra queli che ci insegnavano la cosa fosse molto diversa: alcuni erano degli illuminati, ma altri erano gente che quando entrava ti facevi il segno della croce e speravi uscisse velocemente

Il fatto, secondo me è che non cambiano le persone, ma i nostri occhi: ancora mi ricordo la prima ernia inguinale che vidi; la faceva un chirurgo con una bellissima mano. A me , che vedevo per la prima volta il canale inguinale dal vivo in tutta la sua nitidezza anatomica, sembrava un miracolo. Un intervento pazzesco.

La prima. 

Alla duecentesima ernia inguinale, anche se fatta allo stesso modo e magari dallo stesso chirurgo, sul campo neanche ti ci affacci: pensi alla lista della spesa.

E nessun altro chirurgo al mondo, fosse pure Valdoni in persona, ti darà mai quella sensazione di miracolo. Ti sembreranno sempre qualcosa di meno. Avrai sempre la sensazione di aver visto chirurghi migliori, anestesisti migliori, infermieri migliori. 

Però secondo me questo continuo scadimento, questo continuare a ripeterci sempre  che adesso fa tutto schifo e prima era tutto meglio, non fa altro che togliere a noi vecchi la voglia di lavorare bene, e ai giovani la voglia di migliorarsi. Perchè tanto se non sarà mai come Valdoni che studia a fare lo specializzando di chirurgia?

Se tanto non sarò mai come Gattinoni che la studio a fare la ventilazione?

Che soddisfazione c'è a studiare, impegnarsi, spendere il proprio tempo, quando tanto tutti quelli intorno a te dicono che fa tutto schifo e non si potrà mai arrivare ai livelli del passato?


Secondo me, non c'è tanta differenza nella percentuale di persone brave e cattive dell'umanità. C'è una normale variabilità statistica che è la stessa negli ultimi 20 mila anni della nostra specie. La differenza la facciamo noi, cercando di fare il nostro meglio qui ed ora. Perchè parlare del passato non costa nulla, ma lavorare nel presente stanca parecchio.

venerdì 30 ottobre 2020

Seconda ondata

 Eccoli qua, sgradevoli come me li ricordavo. Visti attraverso la plastica degli occhiali, il fastidio al naso e dietro le orecchie della maschera,  valori che sembrano incompatibili con la vita, sempre uguali, sempre gli stessi, giorno dopo giorno, per un numero interminabile di giorni.

Benvenuti nella Seconda Ondata, il posto in cui non volevamo essere, il momento in cui vediamo davanti a noi tutta la salita e nessun piano su cui riposarsi.

Mi ripeto che finirà, che deve finire prima o poi, ma ogni mattina mi sveglio con lo stesso peso sullo stomaco.

un passo alla volta, immagino.

venerdì 23 ottobre 2020

la preospedalizzazione

 Come è intuitivo anche per i più sprovveduti c'è una bella differenza  tra operare un ventenne sportivo di ernia inguinale e fare un trapianto di fegato ad un 80enne diabetico, cardiopatico e insufficiente renale. Questa differenza è opportuno saperla prima di entrare in sala operatoria, e se non si è dotati di poteri paranormali l'unico modo è far fare al paziente una visita  preoperatoria, nota all'ufficio budget come preospedalizzazione.. 

La preospedalizzazione base si compone di: 

1. Elettrocardiogramma, eseguito dall'infermiere e refertato dal cardiologo (diciamo 5 minuti il primo e 15 il secondo), 

2. Esami di laboratorio: prelievo eseguito dall'infermiere (5 minuti) trasporto al laboratorio (dipende dall'ospedale, ma diciamo 5 minuti), posizionamento dei campioni in macchina e avvio della stessa ( 5 minuti) , svolgimento del processo di analisi (all' incirca 2 ore), validazione dei risulati dal medico di laboratorio per garantirne la correttezza (5 minuti)

eventuale:

3. Rx torace refertata dal radiologo (5 minuti di esecuzione, 15 minuti di referto) 

e questo al netto di altri esami necessari (ecocardiogramma, visita cardiologica, prove di funzionalità respiratoria, test cutanei di allergia al lattice...) che hanno un tempo variabile in base alla patologia del paziente.

Tutti questi dati passano quindi nelle mani dell'anestesista, che li raccorda e li integra con quelli raccolti durante l'intervista al paziente (intervista che nel caso del giovane 20enne dura 15 minuti, in quella dell' ottantenne di solito 30) , alla fine del quale al paziente viene spiegato che tipo di anestesia subirà, quali sono i rischi ad essa connessi  più domande varie ed eventuali (fase questa che nel caso di gravide o pazienti logorroici può continuare per un tempo virtualmente infinito)

Fatti i dovuti calcoli, l'ntera procedura non può svolgersi in meno di 3 ore e trenta a paziente. 

Questo per dire che se un paziente deve fare tutto in una giornata , entrando alle 7 esce minimo alle 11 (se è quello giovane, l'altro chiaramente deve essere studiato di più quindi direi mezzogiorno).

Che per il paziente si traduce in 15 minuti di esami e 2 ore e 45 di attesa.

L'alternativa è fargli fare tutti gli esami e mandarlo a casa e poi farlo ritornare per la visita in un secondo momento, facendogli però perdere un ulteriore giorno di lavoro.

Degli ospedali in cui ho lavorato alcuni avevano scelto la prima alternativa, altri la seconda; in entrambi i  casi l'anestesista si trova davanti pazienti scocciatissimi che dicono: 

A:  "Dottoressa, ma possibile che bisogna aspettare così tanto? è tutta la mattina che sono qui! ma non si potrebbero fare le cose e quando è tutto pronto ci richiamate?"

oppure:

B: "dottoressa, però ho dovuto chiedere un altra mattina di permesso per venire qua a parlare con lei che ci ha messo 15 minuti! ma non si poteva fare tutto in un giorno solo?!"


E ogni volta io mi chiedo: cosa cazzo avevi di così più importante da fare che andarti a far vedere, gratuitamente, da gente che ti aprirà come un capretto e ti richiuderà e nel frattempo deve mantenerti in vita?

Quasi quasi a qualcuno glielo chiedo....

venerdì 16 ottobre 2020

Cose che capitano in Toscana

Io quando sono indaffarata, canticchio. 
Non lo so dev'essere una cosa del mio subconscio per sviarmi e alleviare l'ansia, fatto sta che più sono nervosa e concitata più canticchio. Il mio repertorio spazia su qualunque cosa, dalla pubblicità delle tabù degli anni 80 alla musica lirica; mi parte qualunque canzone di cui sento una parola. Se un paziente dice "ahi!" io attacco automaticamente "cielito lindo" (ahi ahi ahi ahi canta y no llores...)
Nella mia carriera ho trovato più di un Infermiere e di un collega col mio stesso tic con cui intrecciare involontari cori polifonici: un bravissimo ortopedico con cui lavoravo che ha la voce uguale, ma davvero uguale a Renato Zero; la sua interpretazione de "Il cielo" sulla protesi d'anca è commovente...
Ieri un paziente mi ha detto : dottoressa sto a digiuno da stamattina quando mi sono svegliato.
Manco a dirlo entro in sala mugolando: questa mattina/mi son svegliato...
È partito immediatamente il coro unito di ferrista e infermiera : o bella ciao/bella ciao/bella ciao ciao ciao! 
Ho alzato gli occhi sorridendo: è bello lavorare in Toscana ❤️

venerdì 9 ottobre 2020

La mia oculista è differente

 

15.05



Guarda, ho ritirato fuori i miei vecchi occhiali dell'università...
15.05

Sei seria?
               15.05

?Dici che quei 20 anni di invecchiamento si notano
Costarono un sacco a mamma nei lontani anni 90...
15.07


Stavo cercando una foto di Rita che indossava gli stessi ma non li trovo
                                                                                                                                                                                15.09
?Hayworth
15.09


                                                                                                                      15.10

martedì 29 settembre 2020

l'esperienza insegna

Ragionavo su uno dei tanti parodossi del mondo del lavoro.
Per assumerti tutti richiedono "esperienza": più cose hai fatto e sai, più sei un acquisto appetibile; nessuno vuole il giovane da formare, ma tutti cercano gente già "scafata". 
Quest'ottica però dura esattamente fino al momento dell'assunzione. 
Quando entri in un nuovo reparto, infatti, tu sei l "ultimo arrivato" e quindi tutti ti vogliono insegnare come fanno le cose loro. Nessuno ti chiede:" oh, ma tu questa cosa qui l'hai mai fatta?" 
Di tutta la tua ricercata esperienza non interessa a nessuno. Anzi, di solito se fai qualcosa di diverso dagli altri ti fanno velatamente capire che sarebbe meglio che ti adeguassi alla linea generale. 
Io, che ormai  l'ho capito, ho imparato ad adattarmi, e va anche bene così, a volte però mi accorgo che forse potrei dire qualcosa che loro non sanno e che potrebbe essere utile o vantaggiosa...ma di solito sto zitta e ci rinuncio. 
So già, per  esperienza, che mi risponderebbero: noi questa cosa non la facciamo. 

mercoledì 23 settembre 2020

Solo calci rotanti

-  Mamma, i miei compagni di classe non rispettano il distanziamento a ricreazione

- Ah...e come mai amore?

- Se menano

mercoledì 16 settembre 2020

Sensibilità ortopedica

 Dopo un mese e mezzo di lavoro sono distrutta.

Non è che sia particolarmente stancante qualcosa, è il fatto che è tutto nuovo e anche le cose più semplici sono complicate.

Sto facendo le visite preanestesiologiche del giorno successivo e , mentre aspetto che lo specializzando mi trovi una cartella istintivamente mi porto le mani al viso e mi sfrego gli occhi. 

Lui si gira e gentilmente mi chiede: "giornata pesante?" 

io senza pensarci rispondo: "no, non particolarmente..."

e lui, voltandosi verso la cartella: "il body language diceva una cosa diversa..."

mercoledì 19 agosto 2020

La nuova strutturata

 Arrivare in un ospedale nuovo è sempre uno shock. Oddio, immagino che lo sia un po' per tutte le professioni, ma il mio è un lavoro di equipe e lavorare con un equipe sconosciuta è davvero spiazzante. Oltretutto in una sala operatoria si sta tutti vestiti nello stesso modo, in un pigiama monocolore a scelta dell'azienda - quello che abbiamo adesso è blu-  e quindi il primario, a meno che non sia circonfuso di luce,è indistinguibile dal portantino. A complicare la faccenda ci sono gli specializzandi che girano continuamente e quindi non sai mai chi sono: Per dire ,il mio infermiere di anestesia il primo giorno entra in sala e, dandomi subito del tu,  mi apostrofa con una battuta. Io rispondo e lui continua: tu cosa sei? secondo terzo o quarto anno?"

"Io sono la nuova strutturata." rispondo" Piacere, Propofol"

mi guarda perplesso:"Diobono, ma sei il mio capo! mi potevi dire che stavo facendo una figura di merda?!?!"

Anche in questo completo estraniamento ci sono delle consolazioni. Il linoleum della sala operatoria, per esempio. Che, non so perchè, è sempre dello stesso colore azzurro. In qualsiasi sala operatoria del pianeta probabilmente. Ci saranno delle equipe di cervelli che hanno deciso così.

Quando ti senti spaesato, quando non sai il nome di nessuno di quelli in sala con te, quando non sai nemmeno dove sono le siringhe, basta guardare il pavimento e troverai quel qualcosa di familiare. basta poco a sentirsi meglio...

In questa sala operatoria fanno ortopedia e quindi gli anestesisti sono specializzati in questo campo. 

Diciamo che l'ortopedia è una specialità che si trova un po' dappertutto, dall'ospedaletto di provincia al grande policlinico, e tutti gli anestesisti che hanno girato un po' sanno più o meno cavarsela, compreso me. Questi anestesisti però facendo solo questo, fanno cose molto più precise e specialistiche: visualizzano singoli nervi con l'ecografo e gli iniettano anestetico vicino per bloccarli. Oppure li cercano con uno stimolo elettrico e li bloccano quando li trovano. Una roba che richiede una conoscenza abbastanza approfondita dell'anatomia, della sonoanatomia, della fisiologia e della farmacologia, manualità e , nel mio caso, una discreta dose di culo.

Era quello che volevo, qualcosa di nuovo da imparare e ne sono entusiasta. Ogni giorno vado in sala e quando esco sono lessa per la tensione. Sogno un anestesia generale per rilassarmi un po'. Ma la cosa che mi ha più colpito sono i miei colleghi. Tutti, nessuno escluso, dal più giovane al più anziano, si sono fermati e mi hanno insegnato. Hanno rallentato, fatto il doppio lavoro, spiegato, speso tempo, per farmi imparare il più velocemente e bene possibile. Se faccio progressi lo devo a loro che, ognuno a suo modo, mi ha dato qualcosa che mi ha fatto andare avanti più velocemente. 

Se anche non fossi contenta di imparare, sarei contenta di lavorare con persone così...

 


venerdì 31 luglio 2020

le soddisfazioni della maternità

 Sofia sta per partire per passare una settimana con i nonni.

"Tesoro, mi mancherai tanto: come farò quando sarai grande e te ne andrai da casa?"

"Tranquilla mammina," mi risponde mangiando i galletti " per allora già ci odieremo".


e pensare che quando ero giovane dicevano a me che ero cinica....

mercoledì 24 giugno 2020

Change

Qualche tempo fa, sulla scia di un periodo un po' di skazzo, avevo partecipato ad una domanda di mobilità per l'ospedale della città in cui vivamo.
Quello dove attualmente lavoro si trova in una cittadina poco lontano , una distanza che ad un romano sembra brevissima, anche se il toscano medio la considera dall'altra parte della galassia.
l'avevo fatto senza veramente crederci; un po' per motivi logistici di comodità, un po' perchè sentivo di essere arrivata ad un punto morto in questo ospedale, di non avere possibilità di crescere professionalmente o imparare altro.
Come sempre , invece la vita decide per te, e la mia nella fattispecie ha deciso per il trasferimento , che sarebbe dovuto essere immediato o quasi, salvo l'insorgere di una lievissima pandemia.
Il 23 maggio, mentre facevo colazione inzuppando il ciambellone nel cappuccino, ho ricevuto il messaggio di una collega di un ospedale in cui vado a fare dei turni extra: Mi dispiace che non verrai più qui, ma sono felice per il tuo trasferimento.
Dopo essermi strozzata col ciambellone ed aver fatto due o tre telefonate ho scoperto che il primario aveva dato il nullaosta al trasferimento.
In due giorni non solo stavo  per trasferirmi, ma avendo 52 giorni di ferie da smaltire ero in ferie. Forzate. Fino ad agosto.
Superato lo shock della vacanza più lunga della mia vita dal quarto ginnasio ho cercato di vincere la reticenza delle amministrazioni dei due ospedali, che hanno recepito perfettamente le norme sulla privacy: per non diffondere dati sensibili loro proprio non rispondono.
Ho scritto a qualunque ufficio competente e anche a Babbo natale: magari non so dove e quando vado a lavorare ma avrò la casa di Barbie con l'ascensore che sto aspettando dal 1982.
Nel frattempo si è scatenato un nuovo gioco di società: chi si accatta Propofol: dovuto al fatto che io nel mio curriculum ho un po' di tutto, compreso abbinare gli accessori e la farcitura dei panini e quindi sarei andata bene per diverse sedi tra sala operatoria e rianimazione, in cui preparare dei panini ben bilanciati è davvero molto utile.
Una vocina nel mio cervello si chiede: Propofol, ma non te ne potevi stare un po' tranquilla? ma pure se non imparavi qualcosa di nuovo cascava il mondo? ma se ti segnavi ad un corso di cucina e continuavi a fare le ernie inguinali?
ma dentro di me risuona la voce di Gneo Pompeo: Navigare necesse est, vivere non est necesse.
Finirà malissimo, lo so.

sabato 6 giugno 2020

Brava Giulia

Giulia è silenziosa, giovane, piccola; difficilmente da dietro le lenti degli occhiali si riesce ad incrociare il suo sguardo. Questo fa sì che uno sia portato a pensare ad una persona dal carattere mite: un grossolano errore di valutazione che può portare tragiche conseguenze.
Tra i nostri pazienti ce n'è uno che ha un quadro molto complesso: respira male ,il cuore è malato, è in ospedale da mesi. Non essendo italiano non parla nè capisce molto bene ,per cui è difficile raccogliere l'anamnesi.
è arrivato da noi in rianimazione non covid per un peggioramento del quadro clinico, quando tutti i rianimatori più esperti erano occupati nella covid e pur senza averlo trascurato,  sicuramente abbiamo mancato di studiare il caso con la dovuta attenzione.
Noi.
Giulia invece si è piantata lì una notte con la pazienza di una quercia e , siccome in questo paziente qualcosa non le tornava , ha cominciato a ristudiarsi 4 mesi di cartella clinica, giorno per giorno.
E qualcosa continuava a non tornargli.
Il turno seguente quindi si è attaccata alla strutturata di turno, che ero io, e ha cominciato, mite e incrollabile a raccontarmi la storia.
Incurante del fatto che io non avevo nessuna voglia di sentirla lei ha continuao a ripeterla.
Di nuovo.
Di nuovo.
Finchè le sue parole hanno cominciato a passare dalle mie orecchie al mio cervello e anche io mi sono resa conto che qualcosa non andava e mi sono messa ad ascoltarla, a riguardare le cose che mi segnalava in cartella, ad aggiungere altri pezzi a cui lei non riusciva ad arrivare.
Ho stalkerato il neurologo, l'infettivologo, il fisioterapista.
Abbiamo fatto una tac, un elettromiografia, una puntura lombare, che hanno portato a nuovi elementi, ma Giulia non era ancora soddisfatta: un pomeriggio ricevo una telefonata dal responsabile :" Senti, sto qua con Giulia, che mi stava parlando di quel paziente del letto 3...in effetti forse è il caso di fare una risonanza..."
Il responsabile. Era riuscita a smuovere anche lui.
Alla fine i neurologi sono dovuti tornare, guardare i nuovi esami, riscrivere le consulenze, reimpostare le terapie.
Alla fine il paziente è andato in riabilitazione con una diagnosi completamente diversa da quella che avevamo fatto all'inizio.
E questo grazie a Giulia che sembra mite e timida ma è un gatto attaccato ai coglioni.
Chapeau.

sabato 30 maggio 2020

Don't look back in anger, I heard you say

Stiamo smantellando la rianimazione covid per tornare alla normalità: abbiamo tolto tutto quello che c'era e domani verarnno a pulire , per ora rimane un enorme stanzone con i letti vuoti. Sono entrata un attimo per fare un fax, mi sono guardata intorno, nella luce del pomeriggio, e proprio come nei film ho avuto per un momento la visione del passato: tutti i letti, tutti i pazienti in ogni letto, tutte le attrezzature, gli infermieri, noi: un insopportabile quantità di gente, cose, rumore; e per un momento ho avuto una sensazione...non di nostalgia, nessuno di noi potrà mai provare nostalgia per quello che abbiamo passato, ma come di rimpianto; qualcosa che tradotto in parole suonerebbe come: vorrei poter tornare indietro per rifare tutto meglio.
Temo che dovrò imparare a conviverci...

domenica 24 maggio 2020

Autoconsulenza

Uno dei problemi del Covid è che, essendo tutto infetto, i vari specialisti delle altre specialità non possono venire a fare consulenze.
Noi rianimatori, che siamo viziatissimi, abituati a schioccare le dita ed avere tutto e subito, ci siamo  sentiti offesi e oltraggiati da questa cosa incredibile, ma alla fine ce ne siamo dovuti fare una ragione.
Io, per esempio, arrivo un giorno in ospedale e c'è un omino il cui cuore va a 140 battiti al minuto.  Chiamo il cardiologo e lui mi mette una terapia farmacologica.
Il giorno dopo il cuore dell'omino va sempre a 140 .
Richiamo il cardiologo: cambiata terapia farmacologica.
Al terzo giorno in cui trovo la stessa frequenza ri-richiamo il cardiologo : "Senti, che devo fare?"
"Va cardiovertito elettricamente "risponde lui
"Ok. puoi venire a farlo? "
"No, nessuno di noi può venire là. Almeno fino a martedì"
ci penso un attimo: "Va bene. Dimmi come si fa"
"hai presente quando defibrilli? uguale, ma con meno corrente e spingi il tasto sync".

Mi abbasso la visiera come un cavaliere medievale e seguita dalla specializzanda e da un codazzo di infermieri mi avvio alla camera del malato.
Piastre, gel, corrente. Spingo sync. Scarico.

Cuore perfetto a 70 battiti/minuto, pressione 120/70, paziente che si sveglia dalla sedazione e ci guarda sorridendo.

"Figo" mi dice la specializzanda " Lo sai che era la prima volta che facevo una cardioversione?"
"eh," rispondo con un filo d'ansia" lo sai che pure io?"

ha pensato che scherzassi

non sai quello che ti aspetta, tesoro...

domenica 17 maggio 2020

Gli specializzandi sono il sale della terra

Lo dicevo 10 anni fa, quando ero uscita dalla scuola di specializzazione da poco, e lo dico di nuovo ora che sono, me ne rendo conto stando con loro, una vecchia anestesista.
In qualche parte della mia testa ero convinta di essere sempre la stessa di 10 anni fa, che lavorava al policlinico con Enrica e Stella, ma per l'emergenza covid ci hanno mandato in aiuto un gruppo di specializzandi e lavorare con loro mi ha dato la misura di quanto sono cambiata .
Ne abbiamo di ogni regione dalla Sicilia alle Alpi in un turbillon di accenti mischiati che manco la rubrica settimanale dell'accademia della crusca.
ed è davvero una figata.

1. Lavorare con gli specializzandi è metà della fatica, ma anche il doppio.
Metà perchè sono abituati a fare tutto  da soli, per cui, lasciati a sè stessi finiscono tutto il lavoro prima che tu te ne accorga.
Il doppio perchè hanno dubbi, incertezze, domande e questioni (o se non le hanno è peggio) che propongono a te che quindi devi fare la fatica di entrare nella loro testa e seguire il paziente che hanno visto loro ,dal loro punto di vista, mentre magari te ne stavi seguendo un altro dal tuo.
Alla fine del turno c'hai una guerra in testa .
2. Sono bravissimi. Con un ecografo in mano sanno vedere qualunque cosa ovunque. Io, che mi sono specializzata agli albori dell'era ecografica anestesiologica e poi ho proseguito il percorso da autodidatta, in confronto sono una poveraccia con l'orologio dei Ringo Boys.
Conoscono tutta una serie di cose sugli antibiotici, le resistenze, le tecniche di depurazione extrarenale e qualunque altra cosa che io ho dimenticato almeno 5 anni fa.
3. Gli manca l'esperienza. Si incantano e ti chiedono aiuto su cose che tu, dopo 10 anni fai canticchiando Renato Zero; e quando ci riesci al primo colpo ti guardano mortificati : non hanno ancora capito quanto facciamo tutti la figura dell'imbecille. Sempre.
4. Gli manca la visione d'insieme : dell'insieme di disillusioni e ripetuti tentativi che fanno sì che tu già sai che quella cosa non funzionerà. E siccome loro sono degli entusiasti e si impegnano un sacco per trovare la terapia giusta per questa o quella cosa, a volte ti senti una merda a dirgli: no, non funziona, guarda. E quindi alla fine lo fai, anche se sai che non funzionerà perchè non è giusto disilluderli, devono fare i loro errori come li hai fatti tu.
5. Ti costringono a pensare. Tu stai facendo la solita cosa e uno di loro arriva fresco fresco e ti fa: perchè fai così? e tu improvvisamente ti chiedi: oddio, perchè faccio così? e ripercorri 6 anni di medicina e 4 di specializzazione e i successivi dieci rifacendo a ritroso tutto il ragionamento.
Alla fine ti ricordi del perchè lo fai e dici: ammazza, però quanto sono figa a fare sta cosa!!!

Ovviamentei 30 anni gli danno quel giusto grado di scanzonatura che ti alleggerisce la giornata.
la scorsa settimana stavo con uno  di turno e, mentre lui era fuori stanza ho aperto il tablet del reparto che usiamoper le videochiamate dei pazienti.
C'era un messaggio whatsapp ad un altro di loro: " C'è scritto su C7 (il complicatissimo programma di gestione delle cartelle cliniche) che sei frocio"
Seguiva il resto della conversazione sullo stesso tono intellettuale.
Appena è rientrato l'ho guardato: " Tesoro, ti farei notare che il nostro cambio è Maria, la responsabile della terapia intensiva (che è una Signora di quasi 70 anni). Io fossi in te, cancellerei questa conversazione whatsapp... "
mi ha sorriso per niente turbato: "lo faccio subito, me lo ero dimenticato"
E anche per oggi abbiamo salvato una vita.
Non di un paziente.

lunedì 11 maggio 2020

Interazioni umane complesse

Questo COVID, l'ho già detto, ha cambiato molte delle cose a cui ci eravamo abituati.
Abbiamo pazienti intubati in rianimazione da 47 giorni.
47 giorni.
Una cosa così l'ho vista giusto nei politraumi, nelle sepsi meningococciche...non lo so, non mi viene neanche in mente...
Abbiamo dovuto cambiare modo di lavorare, approccio ai pazienti, alla terapia, alla ventilazione, alla nutrizione; ci siamo ritrovati a fare cose che noi rianimatori non facciamo quasi mai: impostare terapie insuliniche  a boli ( nei diabetici in rianimazione l'insulina si fa in infusione continua perchè non mangiano ad orari), aggiustare terapie antipertensive per os, embricare anticoagulanti. Questo perchè i pazienti che stazionano da noi, prima di riuscire a respirare autonomamente ci mettono settimane, e per aiutarli a respirare per tutto quel tempo non basta solo il tubo in bocca, ci vuole una tracheostomia, cioè un buchino nella gola che arriva fino alla trachea e che ,attraverso un tubo corto  a forma di uncino , mette in connessione i polmoni con l'esterno, riducendo lo sforzo di respirare e dando la possibilità di pulire le vie aeree dalle secrezioni.
Una volta fatta una tracheostomia, per toglierla ci vuole tempo: per far tornare i polmoni a respirare, ,per rifare i muscoli che servono a tenerli puliti,  per far passare l'aria per un tragitto più lungo. Nel frattempo il paziente si sveglia, beve, poi comincia a mangiare, appena ha abbastanza fiato ricomincia a parlare, e alla fine si sfila la tracheo et voilà: due cerotti ed è tutto come prima. A dirlo così sembra quasi nulla, ma è un nulla che dura tantissimo e che di solito i rianimatori non vivono, perchè appena il paziente è in grado di sopravvivere lo spediscono in rianimazione e ne prendono uno nuovo che invece non si sa se sopravvieve o no.
Noi ci divertiamo così.
Tutto questo contatto umano ci sta esponendo ad una serie di interazioni col paziente a noi del tutto ignote: Venerdì sera sono uscita dalla terapia intensiva e prima ho fatto un giro letti per salutare . Il paziente del letto due mi ha risposto: "ciao cara! a lunedi!"
"ciao cara"
manco mia madre mi dice "ciao cara" quando vado via, figuriamoci i pazienti.
Ci mandano un sacco di cose: barattoli di caffè, cornetti, fiori, gigantesche uova di Pasqua...
ci troviamo a fare videochiamate con sconosciuti ed io ormai conosco praticamente tutti i principali software cellulari in commercio.
Abbiamo delle conversazioni incredibili: ieri abbiamo tolto la tracheo a Maria, una donna di 70 anni con una forza di carattere che avrebbe sconfitto la peste, altro che il covid. Maria fa la cuoca nel ristorante di famiglia. Dopo che le abbiamo tolto la tracheo , come più o meno fanno tutti, ha cominciato a parlare senza fermarsi, giusto per il gusto di farlo. Nel suo flusso di coscienza ad un certo punto mi ha detto: "io non capisco come fate. Io non potrei mai fare questo lavoro. Prima ho tossito e c'era un po' di catarro e a me ha fatto uno schifo pazzesco...ed era il mio! pensa: mi fa schifo il mio, pensa quello degli altri!"
io l'ho guardata attraverso gli occhialoni protettivi: "Maria, ti devo confessare una cosa: io non riesco a pulire il pesce, ogni volta che ci sono costretta mi fa uno schifo pazzesco, quando devo togliere le interiora, ogni volta rischio di vomitare,  e porto i guanti di gomma!"
lei mi ha guardato stupefatta: "ma è solo pesce!"
ed io: "è solo catarro!"
Ci siamo guardate dall'abissale distanza delle nostre idiosincrasie. Poi ha fatto spallucce: "ognuno si sceglie la su croce..."

giovedì 30 aprile 2020

Dialoghi da isolamento

- Vedi, se mi avessi dato retta e ci fossimo trasferiti in una fattoria nell'outback australiano adesso non dovremmo stare in isolamento.
- Hai ragione, amore mio, è stata una deplorevole mancanza di lungimiranza da parte mia
- Ci sarà un'altra pandemia, pensaci.
- Senz'altro.

lunedì 27 aprile 2020

Cronache dal Coronavirus - Test

Io in vita mia ho fatto un sacco di test, a partire dal test di ammissione a medicina, che è la radice di tutti i mali e che ho superato trionfalmente;
ho fatto qualche test di gravidanza, a volte sperando fosse negativo, a volte sperando fosse positivo (per fortuna i risultati sono stati sempre uelli attesi);
ho fatto, essendo donatrice, innumerevoli volte il test epatite  e HIV, fortunatamente sempre negativi nonostante i numerosi bagni di sangue a cui mi espone la mia professione; ho fatto anche l'alcool test, arrabbiatissima con quel cretino di un carabiniere che non mi credeva. Anche se, insomma, mi metto nei suoi panni:  fermi una pischella di 25 anni alle 4 di domenica mattina a san Lorenzo e quella ti dice che ha appena finito un trapianto di fegato. Glielo avrei fatto fare anche io l'alcool test. E già che c'ero pure quello degli stupefacenti.
Scusa, Ufficiale e Gentiluomo.
Non ho mai fatto un test d'intelligenza perchè sospetto che il risultato mi deluderebbe.
A questa significativa lista posso ora aggiungere il test del COVID a cui sono stata sottoposta ieri, risultando negativa.
"Che bello!" ho detto io.
"Mica tanto, ha risposto tetra l'infermiera, "era meglio se venivi con le IgG positive, così almeno lo avevi già fatto"
Mi accontento.
Mi consolo pensando a quello che dice Mario, uno degli specializzandi fighissimi che hanno mandato a darci man forte e che sostiene che la sensibilità del test è troppo bassa per una malattia che ha una prevalenza così piccola nella popolazione.

Forse dovrei rifarlo
O dovrei rifare il test di ammissione a medicina ,sperando in un risultato diverso.

venerdì 24 aprile 2020

Post di pubblica utilità: come si mette la mascherina chirurgica

C'è un sacco di gente che si lamenta della mascherina chirurgica.
All'inizio pensavo fosse la solita lagna di chi ha costantemente bisogno di lamentarsi, ma poi ho visto che il fenomeno interessava anche persone dotate di resilienza e raziocinio, quindi qualcosa di vero ci doveva essere.
Allora mi sono resa conto che è vero che noi operatori sanitari portiamo la mascherina per molte ore da lunghi anni, ma proprio per questo abbiamo imparato a usarla nel modo più comodo  e corretto.
Ecco quindi il tutorial anestesiologico: come indossare la mascherina chirurgica.
1. Iniziate dalle parte rigida in corrispondenza del naso sul bordo superiore. Fatela aderire bene al setto, a metà tra la punta e la fronte. Mettetela  stretta, ma non fastidiosa. Questo impedirà alla maschera di salirvi sugli occhi.
2 Se avete una di quelle schifezze con gli elastici dietro le orecchie modificatela, le mascherine per essere comode devono avere 4 lacci; quelle nuove hanno provato a mollarle anche a noi in sala operatoria prima del covid e le abbiamo schifate. Quindi: tagliate gli elastici tondi nella parte inferiore e con una spillatrice attaccate agli angoli inferiori rimasti liberi due pezzi di spago o fettuccia o quel che avete. Ecco fatta una mascherina decente.
3. Allacciate le strisce superiori sulla sommità della nuca, passando sopra l'orecchio. l'ideale è passare sopra l'attaccatura in modo da avere due punti di appoggio: l'angolo del padiglione auricolare e il nodo dietro, così da distribuire il peso su due punti e ridurre il fastidio. Fate un fiocco. Non un nodo, un fiocco perchè dovete poterlo sciogliere e rifare all'occorrenza.
3. A questo punto tenendo fermo il naso, tirate il bordo inferiore verso il basso allungandolo fino a farlo arrivare comodamente sotto il mento. Le mascherina hanno quelle tre pieghe centrali per permettere di adattarle alla lunghezza del viso.
4. Ora prendete i laccetti inferiori e legateli dietro la nuca, all'incirca all'attaccatura dei capelli, abbastanza stretti da far si che la parte inferiore sia aderente al viso e non strusci contro il colletto.
5.  Se necessario, riaggiustate il nodo superiore

et voilà. Adesso la mascherina è messa su per bene. Non toccatela, non spostatela, non consideratela. resterà là dove deve stare senza problemi.
Due cose:
a) Anche se non vi sembra, la mascherina non impedisce di parlare. Chi vi sta accanto vi sente perfettamente; alcune fra le più appassionate storie d'amore che ho visto sono nate tra questi sussurri.  Sfruttate l'effetto "sguardo intenso", dato dalla mascherina per mettere in risalto il vostro fascino magnetico.
b) Resistete all'irresistibile tentazione di tirarla giù sul naso. è fortissima, lo so. Per imparare a non farlo ci vogliono anni di caposala inacidite che appena vedono una narice urlano: Dottoressa, che ha il naso sterile?!"
Se non avete una caposala a portata di mano fatevi aiutare dalla persona più acida della famiglia, e vedrete che in poco tempo riuscirete anche voi a raggiungere il risultato.
Adesso siete pronti per la neurochirurgia.

martedì 21 aprile 2020

Cronache dal coronavirus - tecniche di controllo dell'ansia

Sembra, ho paura a dirlo, che le cose stiano andando un po' meglio.
Il flusso dei pazienti che sembrava inarrestabile si è fermato un po' e se restasse così, si potrebbe gestire; siamo tutti un po' terrorizzati dalla fase due perchè una botta l'abbiamo retta in qualche modo, ma la seconda non lo so se ce la faremmo, eppure da qualche parte bisogna iniziare: è come quel paziente delicato che dopo tanti giorni di migliormento nessuno ha il coraggio di estubare: prima o poi va fatto, quindi c'è sempre uno che una mattina si sente fortunato e fa la prova.
Speriamo di essere fortunati.
Nel frattempo il livello d'ansia medio è sceso parecchio, ormai ci siamo abituati o forse siamo troppo stanchi per continuare a preoccuparci. Rimane un disagio mentale di fondo che si esprime in una serie di stranezze che colpiscono noi operatorio sanitari, ma ho la sensazione che potrebbero essere diffuse un po' dappertutto.
Io per esempio ho sviluppato quella che definerei "Sindrome del criceto sulla ruota", ovverosia faccio cose. Sempre. Di continuo. Sennò mi prende l'ansia. Ma non è che faccio una cosa sola, il che mi classificherebbe nella normale patologia quotidiana, no, ne devo fare almeno due insieme, rientrando così in quello che il DSMV (il grande elenco delle patologie psichiatriche) definisce come sindrome maniacale. Per esempio: Gioco a monopoli E stiro i panni; cucino E ascolto trasmissioni di geopolitica; faccio i compiti con Sofia E cucio mascherine artigianali di cotone.
Ma poi faccio cose che non mi sarei mai sognata nella mia vita: sistemo lo sgabuzziono, lavo le sciarpe, pulisco i vetri.
vi rendete conto?i vetri. Una roba che a stento ho percepito nella mia vita e che di solito mi arriva sotto forma di Maria (la donna che come punizione nella vita ha scelto di aiutarmi a casa) che dice: Propofol, oggi ho fatto i vetri; comuncazione che di solito il mio cervello derurbrica subito sotto la voce: non so cosa vuol dire ma dalle una risposta gratificante.
Ieri ho pulito il divano con l'aspirapolvere e acqua e alcool. Giò mi guardava come fossi impazzita.
Ma non contenta di questo c'è anche il programma fitness. Anzi due.
Il primo è una serie di lezioni di Pilates su youtube dal titolo "Pilates con Tiziana ", che è una tizia che io avrei definito una trucidona di Roma nord, ma Gio e Claudio, evidentemente più sensibili alle sue doti morali, hanno detto non essere assolutamente trucida. Quindi alle 18 Sofia ed io iniziamo a fare Pilates con la duchessa del Sussex.
Poi , mentre cercavo un pigiama, mi sono imbattuta nelle lezioni in streaming di yoga di Oysho. Tutta contenta mi sono sintonizzata sulla prima e dopo 3 minuti ho capito che era molto al di fuori delle mie possibilità fisiche. A quel punto però mi ero intestardita e girando per il web mi sono imbattuta in un canale che si chiama "la scimmia yoga", in cui c'è una tipa carinissima che ha un approccio molto più soft. Io riesco quasi a completare una delle lezioni del ciclo "yoga per ultranovantenni con problemi motori." Conto di riuscirci per la fine della quarantena.
Come se non bastasse, su consiglio di Roberta che dice che fa bene all'ansia, mi sono lanciata anche nelle meditazioni guidate della tizia in questione, tra cui una serie di meditazioni sui chackra (che non so come si scrive) che rappresentano il fondo più basso della mia parabola razionalista. Tra tre mesi mi iscriverò alla Wicca e allora vi autorizzo tutti a togliermi il saluto.
Sofia è entusiasta della meditazione: ci mettiamo a letto e dopo 90 secondi esatti dall'inizio della meditazione lei dorme come un ghiro.
Se sapevo che era così semplice la cominciavo a far meditare a due anni.
Io resto sul letto a cercare di immedesimarmi in un elefante bianco sulla cima della montagna e a visualizzare un onda di calore rosso che sale dai miei ischi, mentre intanto penso ai cazzi miei, cosa che credo infici un po' il risultato di pace interiore.
Forse dovrei semplicemente drogarmi di lexotan...


domenica 12 aprile 2020

Rivelazioni mistiche

Sono nata da una famiglia di atei e ho deciso di diventare cattolica verso i 9 anni.
I miei genitori hanno sempre rispettato la mia scelta, senza mai tentare di ostacolarmi o di farmi cambiare idea, dandomi così la prima e più grande lezione di tolleranza della mia vita.
Non ho mai trovato difficile accordare scienza e fede. Seguendo il principio del "Mai attribuire a Nostro Signore quello che puoi spiegare con un libro di biologia" , ho tuttavia trovato Dio al letto dei miei pazienti: è là che a volte ho visto qualcosa che trascendeva l'umano, che andava oltre il nostro essere un mucchio di atomi di carbonio.  Cosa fosse, come spiegarlo altrimenti ,non lo so, non più di quanto saprei spiegare il solletico ad uno che non lo soffre. Se mi dicesse: non esiste, ti stai suggestionando, potrei rispondere solo con un poco convincente: Esiste, fidati. Io lo sento.
Ma mi sono sempre trovata in imbarazzo a parlare delle Grandi Verità dell'Esistenza, diciamo che mi trovo più a mio agio con le minuzie quotidiane, quelle cose che vanno senz'altro rubricate sotto la voce "coincidenze", ma che ti arredano un po' la vita.
Tra queste ci sono i miei "Piccoli Miracoli Pasquali"
Lo scorso anno, per esempio, non sono potuta andare alla Messa di Pasqua, così ci sono andata il lunedì nella chiesetta del piccolo ospedale in cui ero di guardia. Guarda caso quel giorno la messa di Pasqua la officiava nientemeno che un Vescovo, venuto a trovare la famiglia da quelle parti senza averlo programmato, e senza nessuna pubblicità, così che mi sono potuta sentire la funzione del Vescovo, solamente lui io ed un altro malato ,con tanto di chiaccherata finale, in cui ho fatto praticamente 10 minuti di discorso indiretto perchè non sapevo se dovevo chiamarlo Eccellenza o Eminenza ed ero imbarazzatissima.
Ci fu poi la Pasqua nel piccolo ospedale religioso in cui lavoravamo Federico ed Io.
C'era la messa nella chiesa annessa ed io, che ero di guardia, scesi a sentirla. Federico , che è ateo, scese con me, per vedere la chiesa  aperta raramente. Appena entrati  fummo subito intercettati da una suora: "oh, che bello! due dottori. Uno legge la prima lettura e l'altro la seconda. " Noi tirammo fuori i telefoni di guardia con aria contrita: "Purtroppo, sorella non possiamo, sa, dobbiamo essere pronti a rispondere alle emergenze..." ma lei non aveva nessuna intenzione di lasciare perdere e , guidandoci fermamente verso i primi banchi concluse: "Non c'è problema: mentre uno legge l'altro tiene entrambi i telefoni e poi ve li scambiate. "
Non c'era modo di uscirne senza essere offensivi. E così Federico non solo si sentì tutta la messa di Pasqua, ma con aria grave e la sua naturale eleganza (Fede è praticamente la copia più cool di Raoul Gardini) salì sull'altare e lesse la seconda lettura urbi et orbi, mentre io cercavo di non ridere.
Ho provato a dirgli in seguito che quello era un segno, ma non ha funzionato, è rimasto ateo. Io però ci spero ancora.
Il mio Piccolo Miracolo Pasquale di quest'anno è invece molto più semplice e l'ho ricevuto ieri. Sono entrata in Terapia Intensiva e c'era una cosa che non vedevo molto: posti letto liberi. Ieri, per la prima volta da tanto tempo, in terapia intensiva covid c'erano quattro letti liberi. E nessuno che aveva bisogno di occuparli.
Ed io lo so che tutto questo si può adeguatamente spiegare con la biologia, e che è merito di chi, facendo sacrifici sta a casa da un mese, però mai come adesso, mi pare un miracolo.
Buona Pasqua.

martedì 7 aprile 2020

Per mio marito

Oggi sono otto anni dal giorno del nostro matrimonio.
A volte, ma solo quando sono proprio depressa perchè c'è una pandemia in atto, penso che avresti potuto fare una scelta molto pù facile: una donna che il giorno di Natale fosse a casa, che non ti abbandonasse tutta la notte con una neonata di tre mesi per andare a fare la guardia, che non guadagnasse più di te, che non fosse sempre stanca, che non tornasse a casa parlando sempre di morti e gente squartata.
Eppure, in questi anni di matrimonio e nei dieci precedenti, non ti ho mai sentito dire una parola su tutto questo, ma sempre, sempre ho avuto il tuo appoggio in ognuna delle scelte che ho fatto, anche quelle più difficili.
Anche oggi ,che come al solito ti tocca stare a casa da solo, che torno a qualsiasi ora, che piango senza motivo,che sono un potenziale pericolo per te e per nostra figlia, e dormi da solo mentre io sto su un lettuccio in salotto, non mi è mai mancato il tuo appoggio, la tua silenziosa presenza, un gesto minimo per dire: ci sono.
Buon anniversario amore mio.
Ti sposerei anche la terza volta, se potessi.

domenica 5 aprile 2020

Cronache dal coronavirus

Tutti lì a dire che siamo degli eroi e non lo so, magari sarà pure vero. Io però gli eroi me li immaginavo diversi: più consapevoli e compresi nella parte, gente che era entusiasta di gettarsi nella mischia, che era pronta a fare l'estremo sacrificio con un sorriso sprezzante sulle labbra.
Ne ho conosciuti un paio così: io li trovo fastidiosissimi: sono sempre entusiasti e sembra che stiano vivendo il momento più fulgido della loro vita.
Noialtri quando entriamo abbiamo tutti l'aria skazzata di chi vorrebbe stare in tutt'altro posto e affrontiamo le sei ore sperando che finiscano presto e vada tutto bene. Vorremmo con tutto il cuore tornare alla nostra vita normale e se ci fosse un modo dignitoso di sfangarsi tutto questo lo useremmo subito.
In generali assomigliamo molto a quello che Umberto Eco scrive su di se rispetto alla guerra: "(Sono un uomo) che non crede assolutamente alle guerre giuste, e apprezza solo le guerre civili, in cui chi combatte lo fa controvoglia, tirato per i capelli, a suo rischio e pericolo, sperando che finisca subito e perché proprio ne va dell'onore e non se ne può fare a meno."
Io non so come sono le dinamiche negli altri gruppi di colleghi,  da quello che vedo da Giò sono abbastanza simili alle nostre, ma con qualche differenza: un gruppo di anestesisti raramente riesce a mantenere una distanza "normale" tra i suoi componenti; in parte perchè il nostro lavoro ha a che fare con la vita privata: se tu fai Natale a casa è perchè qualcuno sta in ospedale al posto tuo. Se tu sei in vacanza a ferragosto è perchè qualcuno a ferragosto è in ospedale. Ogni spazio di vita privata tuo lo pagano gli altri e questo può tirare fuori il peggio delle persone perchè il confine tra ciò che è mio diritto e ciò che mio privilegio è parecchio diverso per tutti. D'altronde è anche vero che noi abbiamo a che fare con la vita e con la morte. E non importa quanto ti sta sul cazzo quello che è di guardia con te: se ti trovi in difficoltà avere qualcuno che ti da una mano fa la differenza, anche se vi siete mandati a fare in culo fino al giorno prima. Di solito tutte le tensioni sotterranee esplodono a tratti e poi si quietano in un equilibrio più o meno stabile funzionale al lavoro: in questi giorni quest'equilibrio è particolarmente difficile da mantenere; tutti siamo sotto pressione e tutti ci sentiamo in diritto di pretendere che gli altri capiscano la nostra situazione e ci diano una mano. I toni si alzano con poco e le risposte a cazzo si moltiplicano. Qualche giorno fa una collega ed io ci siamo urlate in faccia per qualche minuto prima di renderci conto che l'argomento di cui discutevamo  non riguardava ne me nè lei. Le asprezze di ogni carattere vengono accentuate, ma vedo che tutti noi stiamo cercando di fare del nostro meglio. Ognuno dei miei colleghi con i suoi limiti e le sue capacità , sta cercando di spingere un po' più in alto l'asticella di quello che si può fare, a volte rimettendosi in gioco e facendo cose che non faceva da anni, a volte anche contro una burocrazia che mi fa pensare alla frase di Churchill: un esercito di leoni comandati da agnelli. 
Quello che so è che dopo tutto questo non li guarderò più con gli stessi occhi, che quello che ho visto  in questi giorni mi ha fatto scoprire qualcosa  che non sapevo:  in ognuno di loro c'è molto più di quello che appare.

venerdì 3 aprile 2020

Cronache dal coronavirus - Responsabilità

Ora c'è questa cosa che oltre a scendere a far pisciare il cane puoi scendere a far pisciare anche i bambini.
Io non lo so cosa penso. Sul serio.
Da una parte la mia indole moderata mi porterebbe a dire che mi sembra giusto e sensato che, nel rispetto delle norme di sicuezza, si possano far uscire i bambini; però...
Viviamo in un paese in cui la maggior parte della gente sembra sentirsi sempre al di fuori o al di sopra delle regole; siamo sempre tutti convinti di poter fare un eccezione, di essere più furbi, di poter fare come ci pare perchè tanto, figurati. E quando le conseguenze delle nostre azioni ricadono inesorabilmente su di noi veniamo colti da stupore: ma come è potuto succedere? ma come mai? e invece di prendercela con noi stessi e dire: ho fatto una cazzata, troviamo sempre il modo di dare la colpa a qualcun'altro e di fare le vittime.
Non è così.  Una delle caratteristiche dell'essere adulto è quella di saper valutare le conseguenze delle proprie azioni e prendersene la responsabilità, e questo momento non fa eccezione: se con la scusa di questo decreto portate fuori i vostri figli e li esponete alla contaminazione la responsabilità delle conseguenze è solo ed esclusivamente vostra e di nessun altro. E se qualcuno vi ha erroneamente indotto a credere che i bambini siano immuni dal virus levatevelo dalle testa : il virus si contagia anche ai bambini e anche loro possono avere forme severe. Quindi abbiate ben presente quello che fate, perchè vi si chiede di essere nientemento che responsabili dela vita o della morte di vostro figlio, e tramite lui, della vita o della morte delle persone con cui viene a contatto : vostra madre, vostro padre, vostro fratello, vostra moglie.
E se succede il peggio la colpa non sarà dell'Europa che non ci aiuta, della Cina che ci contagia , dell'America che crea virus in laboratorio o di Nostro Signore. No. La colpa è solo ed esclusivamente vostra, perchè vi è stato diffusamente spiegato come non contagiarvi e avete tutti i mezzi e le possibilità di farlo. Se non lo fate è una vostra decisione e siccome gli adulti siete voi, e non loro, vostra è la responsabilità delle conseguenze.
Buona passeggiata.

lunedì 30 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - good night and good luck

Stanotte è morto Mario.
Non è il primo paziente e non sarà l'ultimo che muore in rianimazione, ma era quello a cui mi ero più affezionata.
Aveva cominciato a migliorare durante una lunghissima domenica in cui ero di guardia. L'avevo messo ben seduto sul letto e mentre facevo il giro degli altri pazienti ogni tanto lo chiamavo: Mario, tutto bene? e lui tirava su il pollice da lontano.
L'abbiamo trasferito nell'area subintensiva e dovevamo dimetterlo, così sono andata a salutarlo: "Mario, appena stai bene torni qui e mi vieni a cercare, così vedi la mia faccia senza occhiali e mascherina. Anzi, sai che ti dico? quando vieni mi offri un caffè, tanto non lo diciamo a tua moglie e a mio marito!" e ho strizzato l'occhio; ha sorriso e mi ha fatto cenno di sì con la testa.
Mi sembrava un po' pallido, quindi ho controllato i suoi esami, anche se non era tra i pazienti che seguivo io quella sera, ma era tutto a posto.
Venti minuti dopo mi hanno chiamato per un arresto cardiaco, ed era lui.
Quello che ha avuto probabilmente, è stata un'embolia polmonare, un evenienza rara, ma possibile. E non serve a niente il fatto che lui facesse da sempre la profilassi per la tromboembolia, perchè Nostro Signore quando decide chi chiamare usa i suoi protocolli, che sono più aggiornati dei nostri, ma Lui non li condivide, e non è servito a niente neppure che ci fossero 4 rianimatori a fare tutto lo show della rianimazione cardiopolmonare : scarica!, adrenalina, atropina, massaggio cardiaco e tutto il corrimi dietro, perchè il suo cuore non ci ha dato la soddisfazione di riprendere a battere neanche una volta, neanche per un secondo,  neanche quando ci spolmonavamo perchè fare una rianimazione cardiopolmonare con tuti i DPI addosso è come fare una gara di rumba con una muta da sub.

Dopo, eravamo l'infermiera ed io sedute in una stanza squallida a guardare il muro in silenzio fianco a fianco, come in un'inquadratura di un film dei fratelli Coen, ed io ero così triste e arrabbiata che ho ingollato tre fette di pizza fredda e due di ciambellone, alle due di notte,  senza avere nessuna fame e senza rendermene conto, solo per avere la sensazione della pancia piena di qualcosa.
Mario sei un maledetto idiota. E mi devi un caffè.

sabato 28 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - Il primo amore non si scorda mai

E così alla fine ci siamo abituati.
è passato un mese, abbiamo i calli sul naso, facciamo la caponata con due paia di guanti sterili e ci vestiamo e svestiamo a ritmo di musica finendo la sequenza con "eeeeee Macarena!!!!"
Sembra davvero incredibile, a pensarci ora, che fino a trenta giorni fa la notte si faceva merenda in cucina tutti insieme, ci si faceva il caffè dopo mezzanotte, si portavano le torte. Un ricordo lontano la camera del rianimatore di guardia, scendere in pronto soccorso in camice e zoccoli, stare in sala con mascherina abbassata, che poi la caposala si incazza, mettere il cappellino da sala operatoria di stoffa colorata (il mio è a fantasia di giraffa).
Impensabili gli anelli delle mie colleghe, pieni di diamanti e pietre preziose, e gli orecchini pendenti, che la caposala s'incazza pure per quelli...
Io ho tolto anche la fede e mi sta sparendo il segno. Chissà se alla fine dell'epidemia dovrò farla allargare?
In compenso ho vinto a mani basse la sfida col mio amico G. un militare che, come me, ha l'abilità di addormentarsi istantaneamente in qualunque posto. Io ormai riesco a dormire su due sedie con indosso tutti i DPI inclusi gli occhiali e la visiera e i due guanti con cui ho fatto la caponata , però sciacquati con la soluzione alcolica; mentre dormo il mio subconscio risponde anche alle eventuali domande degli infermieri, sospetto con più competenza del mio Io cosciente.
Inoltre questa pandemia è un grande aiuto per la dieta del digiuno intermittente: ho già perso due chili, è facilissimo:  6/7 ore stai vestito, quindi niente cibo o acqua, quando esci sei sfatto e non hai nessuna voglia di mangiare, poi ti butti al letto et voilà: 16 ore di digiuno passano in un baleno.
Quest'estate sarò un figurino. Pure senza fede al dito; mi manca solo l'abbonamento a Tinder.
Eppure, ogni tanto riemergono i ricordi della nostra vecchia vita, per esempio un paziente con la colecisti, uno che non lo devi ventilare chissà come, basta che imposti il ventilatore normale. "Che bello!" ti viene da pensare " ti ricordi quei bei colon?"
Non siamo solo noi. Gli infermieri in questa battaglia sono stati ancora più tartassati: anche se lo minacciano, gli ortopedici non sono dovuti diventare rianimatori, mentre gli infermieri sono stati riconvertiti tutti alla terapia intensiva. Gente che stava da anni in altri posti a fare altre cose e che improvvisamente si trova sulla luna; l'altra notte una delle  anziane della terapia intensiva cardiologica (ora fagocitata tutta dalla rianimazione) guardava il monitor mormorando: come vorrei un bel blocco trifascicolare, un BAV di terzo grado, un infarto,  almeno un'insufficienza aortica..."

martedì 24 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - non stiamo bene, ma facciamo del nostro meglio (da sempre)

Tanto tempo fa un'amica che studiava antropologia,mi disse che le popolazioni indigene che si curavano con rimedi naturali senza fondamento scientifico, guarivano lo stesso perché in qualche modo agivano sulla malattia.
Era la spiegazione antropologica di quello che si chiama "effetto placebo" nella scienza medica o ,per dirla più complicata, risposta neuroimmunoendocrina.
Alla fine tutti abbiamo bisogno di fare qualcosa per placare l'ansia, per avere l'idea di non essere impotenti.
Noi medici, in questo momento lo sappiamo bene.
Io, tanto per dirne una, mi prendo una pasticca di ginseng al giorno.
Lo dicevo ad una collega che mi ha risposto che lei si prende una compressa di cebion al giorno; lì vicino un altro ha risposto che lui dava tutti i giorni il supradyn alla moglie e un'infermiera che passava ha aggiunto che lei invece ogni mattina si depurava con acqua calda e limone.
E non esiste nessuna prova scientifica che nessuna di queste sostanze abbia un qualsivoglia effetto protettivo contro un qualsivoglia tipo di patologia, e anzi, diciamolo pure, questa è roba che detta fuori dal coronavirus imporrebbe l'immediata radiazione dall'Ordine dei Medici con Rinuncia Volontaria alla Laurea in medicina, ma bisogna pure far qualcosa per esorcizzare la paura.
Una selezione casuale delle cose fuori di testa che ho fatto in questo periodo:
- dormire in salotto su un lettino separato vicino alla tartaruga (che comunque russa meno di mio marito)
- cambiarmi fuori dalla porta quando rientro a casa spogliandomi all'ingresso e rivestendomi completamente
- lavarmi i denti nel lavandino del terrazzo (qui in Toscana detto anche "pilozzo") offrendo due volte al giorno lo spettacolo di me in vestaglia, con la bocca piena di schiuma a quello della casa davanti, che alla fine dell'epidemia verrà a chiedermi "macchecazzostaifacendo?" ed io mi vergognerò come una ladra a spiegarglielo. Questo perchè ho deciso, in maniera del tutto insensata e casuale, che mentre dormo sbavo e che lo sputo del risciaquo dentale può essere contagioso.
Questo ovviamento oltre a lavarmi le mani in modo compulsivo.
Gio asseconda le mie manie e mi guarda con aria pietosa, Sofia ride di me.
Chi ti viene in aiuto, come sempre, sono i colleghi ,che ogni tanto li vorresti uccidere ma il più delle volte ti salvano la vita; ieri al cambio eravamo in 3. Una ha detto: "io ho il raffreddore. Oddio, che ansia, ce l'avete anche voi?"
"Io sì," ho risposto subito "E mi sento anche un po' mal di gola !"
"Anche io! "ha esordito la terza "ho avuto un mal di gola fortissimo la scorsa settimana e l'ho fatto passare a forza di borocillina!"
Poi ci siamo guardate, sollevate di essere tutte nella stessa paranoia.
Ce lo ricorderete quando sarà tutto finito, vero?
Io prometto di smettere col ginseng.

lunedì 23 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - fino a qui tutto bene

Sembrerà un controsenso, ma ho scelto anestesia anche perchè non volevo avere paura.
Io di natura non sono un cuor di leone: mai stata una di quelle che pensavano "che figata buttarsi col paracadute!", mai pensato di andare a cercare coccodrilli nel Borneo ( o dovunque siano) , detesto volare, soffro il mare per cui niente rafting o canoa estrema e al pensiero di viaggiare sulla luna vengo presa dall'ansia.
Il massimo della mio senso dell'avventura sono le montagne russe di Nemo a Disneyland Paris, quelle per i bambini piccoli, alla fine delle quali avevo comunque bisogno di un ansiolitico, mentre Sofia a sette anni le faceva con le braccia sollevate sopra la testa urlando: "CHE BEEELLLLLOOOOOO!!!!! RIFACCIAMOLO!!!!!!!!".
Quindi no. Non mi piacciono le emozioni forti.
Quando si è trattato di scegliere la specialità ho pensato: in medicina ci sono cose spaventose: il trauma, l'arresto cardiaco, l'emergenza (non sapevo ancora quante, in realtà, sono molte di più...) . Dove posso andare in un posto in cui mi insegnino a gestire queste cose così bene che anche se mi capitano non avrò paura?
Ed eccomi qua: Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione.
E fino a qui questa scelta aveva pagato. E sì, perchè al duecentesimo arresto cardiaco della tua vita tu non hai paura, in qualunque modo avvenga.
Puoi avere determinazione, ansia, cercare al massimo di fare del tuo meglio per salvare una vita. Ma paura non più, visto che sai cosa fare, sai cosa succederà.
Fino ad ora.
Perchè, lo confesso senza vergognarmene, ho paura.
Ho paura di infettarmi e di infettare la mia famiglia. E se anche questa paura è irrazionale, se anche mi ripeto che uso tutti i DPI , che la probabilità di contagio è molto bassa, alla fine rimane sempre quel peso nel petto. Quel pensiero fisso che continua a correre come un topo sulla ruota e fa si che mentre lavori, stai a casa, dormi, ti lavi, qualcosa dentro di te sta sempre in ascolto a sentire se ti viene da tossire, se ti fa male la gola, se ti senti salire la febbre, se respiri bene. E questo pensiero non è mai sazio, non è mai soddisfatto.
Per questo io non vi capisco quando vi lamentate che dovete stare a casa; perchè io darei qualcosa per far tacere quella voce. Per dire che semplicemente "noi stiamo a casa e non ci possiamo infettare."
Per avere la tranquilla certezza che andrà tutto bene.
Io ci posso solo sperare giorno per giorno.

sabato 21 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - dispositivi di protezione individuale

I DPI fanno cagare.

Lo dico così, come sfogo insensato.

In questo momento mi stanno probabilmente salvando la vita e spero con tutto il cuore di continuare ad averli. Ormai siamo tutti ingegneri perfettamente consapevoli della differenza tra FFP2 e FFP3.
Però.
Dopo un ora che ci respiri dentro cominci a sembrare dart vader perché l'aria non passa normalmente  e ti sembra di dover tirare.
Se hai il naso grosso ti sfregano sul naso, se hai gli zigomi altri ti fanno male alle guance, se hai il viso lungo ti strusciano continuamente sul mento. In ogni caso devi abituarti a lavorare con un fastidio continuo su qualche area del viso. (che poi manco a dirlo che non ti puoi toccare)
La maschera protettiva per gli occhi si appanna col respiro che fuoriesce dalla mascherina protettiva per la bocca con un suggestivo effetto acquario. Se invece ti metti la visiera che si poggia in testa ti vengono i segni in fronte che pari Nostro Signore con la corona di spine, pronti giusto per la quaresima.
Il camice è più comodo, ma poi bestemmi perché ci devi mettere i calzari per evitare la temibile contaminazione intercavigliare e quelli ti calano e ci devi mettere il cerotto per tenerli su, che però con due paia di guanti ti si appiccica ai guanti e finisce che sudi e bestemmi come una foca e c'hai pure la mascherina ; la tuta della casa di carta ha il culo che scivola, perché è impermeabile e se ti siedi al volo su una sedia un po' in pizzo ti ritrovi per terra.
E questo senza contare che per mettere e  togliere tutta questa roba in modo corretto c'è una sequenza così complicata che in confronto le coreografie del Bolshoi sono "rum /coca coca"  da sbronzi al villaggio vacanze. E alla fine sei sicuro di aver sbagliato qualcosa. Non sai cosa, ma sicuro.
Moriremo tutti di contagio intercavigliare

venerdì 20 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - scendi il cane che lo piscio

C'è questo problema che vi angoscia molto tutti: posso o non posso andare a correre?
ecco: esaminiamolo insieme.
Ci troviamo davanti ad un virus a trasmissione aerea da individuo a individuo tramite goccioline di saliva emessa durante tosse o starnuto entro un metro di distanza, meglio un metremmezzo/due.
Un singolo maratoneta che corre su un argine, non ha nessun rischio di infettarsi, perché non ha contatti interumani e il virus non salta come le pulci.
Il contagio si potrebbe escludere anche nel caso che il nostro maratoneta solitario incrociasse un altro maratoneta sull'argine. Se i due si incrociano a distanza di sicurezza, per un brevissimo attimo, le possibilità che il virus passi da uno all'altro sono praticamente nulle.
Ma poniamo anche che ci fosse un terzo ciclista (che poi non capisco perché c'avete tutti sto spasmodico desiderio di fare sport, che normalmente quando chiedo alle amiche se si segnano in palestra con me a settembre pare che le ho invitate ad un morbillo party...) , ma insomma: anche il ciclista potrebbe passare ad un metro di distanza senza infettare nessuno.
perciò, teoricamente, non ci sarebbe nessuna difficoltà nel fare attività fisica, anzi: uno dovrebbe dire: ma sì, andate pure a passeggiare una mezz'ora al giorno che vi fa bene!
Teoricamente.
eh si, perché voi non è che andate a correre solitari sull'argine.
No.
Voi andate al parchetto sotto casa. Nelle ore calde. Dandovi appuntamento cogli amici e con le amiche e dicendovi "ma tanto ci facciamo un saluto e rispettiamo le distanze", ed eccovi là in venti che vi scatarrate allegramente sulle rispettive tovaglie da picnic. Poi dopo una settimana il telegiornale dice che c'è un picco di nuovi positivi e io m'inkazzo, comincio ad urlare che servirebbe PolPot, perché Stalin e Hitler erano troppo morbidi, e mio marito deve stordirmi con la cerbottana e il sedativo per orsi.
Perciò: la domanda da farsi non è se il vostro regolamento comunale permetta o meno la corsa al parchetto. La domanda che dovete porvi è: se esco a correre 20 minuti farò qualcosa di indicibilmente stupido che metterà in pericolo la mia vita e quella degli altri perché sono un irredimibile coglione?"
Se la risposta è no, andate pure a correre sull'argine.
se la risposta è sì, comprate un tapisrulant su Amazon.

giovedì 19 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - Amazon

Io e Gio ci siamo messi insieme nel 2002.
Da allora ad oggi, e sono solo 18 anni in fondo, sebbene aspirassimo ad una vita normale  siamo passati attraverso una serie di eventi rocambolechi che comprendono cose come tumori e traslochi, fallimenti e repentini cambi di lavoro: giustamente , ad un curriculum come il nostro non poteva mancare un'epidemia.
Una delle cose che ci ha sempre tenuto uniti è la nostra capacità di spalleggiarci a vicenda nei momenti difficili. Sebbene normalmente siamo in grado di tirarci i piatti ,se succede qualcosa di serio io sono certa di voltarmi e avere le spalle coperte da lui.
In questo frangente non è stato diverso: non appena si è capito che questa storia avrebbe avuto l'impatto di un meteorite sulla mia vita, Gio si è resettato in modalità supereroe: ha placato la mia ansia, gestisce Sofia in modo che lei non si annoi , fa in modo che la casa non derivi a giungla e che ci sia del cibo in stato di decomposizione non troppo avanzato in cucina.
Ah, nel frattempo lavora in remoto.
Sofia, con davanti l'esempio del padre, si è subito allineata e ormai si gestisce praticamente da sola. Non ha mai fatto neanche un capriccio e si limita  a dire 60 o 70 volte al giorno "che pizza però! " che mi sembra il minimo sindacale per una novenne rinchiusa in casa.
Io, nel frattempo torno ad orari improbabili, con uno stato d'animo immaginabile e sono simpatica come una pantera . Alterno fasi di mutismo catatonico a fasi di logorrea, con ritmi imprevedibili e sono totalmente ignara delle necessità basali della sopravvivenza.
Ieri mio marito mi ha fatto vedere un elastico da fitness
"Hai visto cosa ho preso su Amazon? così posso allenarmi un po' anche in casa" ha detto
"Figo! "ho risposto io guardando l'elastico "ah, ho ordinato anche io una cosa su amazon, il pacco dovrebbe arrivare entro il 19"
"Cosa hai preso?" mi ha chiesto
"Una bottiglia di Southern Comfort"



martedì 17 marzo 2020

Cronache da coronavirus

Cose che odio del coronavirus

  • Quelli che "Moriremo tutti, ci sarà l'apocalisse zombie"
  • Quelli che " dai che finirà prestissimo, in fondo che vuoi che sia"
  • Quelli che " la gente stanno fuori, ti rendi conto che non escono di casa"
  • Quelli che "la gente stanno fuori ti rendi conto che escono a passeggio come se niente fosse"
  • Quelli che ripostano su FB articoli di virologia e immunologia come se fossero i compagni di Burioni e nella vita fanno i maniscalchi.
  • Quelli che "Mi ha detto un amico di Bergamo che ormai loro mangiano le locuste"
  • Quelli che "Mi ha detto un amico di prato che in Cina muoiono ancora come le mosche ma a noi non ci dicono niente"
  • Quelli che "questo virus è un complotto cinese per prendere il potere in Europa"
  • Quelli che "questo virus è creato in laboratorio per destabilizzare l'ordine mondiale"
  • Quelli che "il vaccino c'è già , ma ce lo tengono nascosto"
  • Quelli che "l'OMS dice che vanno bene anche le mascherine FPP2 perché vuole farci morire tutti"
  • Quelli che " Ho saputo che a Firenze ci sono già 600.000 contagi (notizia appresa al bar)"
  • Quelli che "è tutto finto, ti pare che sennò gli americano mandavano 500.00 soldati in Europa?"

Cose che non odio del coronavirus
  • - Quelli che non dicono niente.



domenica 15 marzo 2020

Cronache dal coronavirus

Gira su internet quella foto dell'infermiera che dorme appoggiata alla tastiera, che fa tanto scalpore. Non so come mai: io dopo 10 ore di guardia potrei addormentarmi benissimo qua, su questa sedia, con tanto di DPI indossati.
L'idea di alzarmi e di andare a fare il giro letti - l'ennesimo da stamattina alle 8 - mi provoca una sensazione di sgomento.
Se il mio lavoro consistesse sempre in questo, giuro che avrei fatto lettere.
Abbiamo 13 pazienti in rianimazione, alcuni da 3 o 4 giorni, altri da una settimana: stanno tutti uguali, qualunque cosa facciamo. I colleghi del nord ce l'avevano detto: guardate che sono pazienti che stanno inchiodati per un tempo lunghissimo, ma trovarselo davanti è una roba che ti fa uscire di testa.
Abituati ai decorsi turbolenti delle polmoniti batteriche, in cui in pochi giorni si decide tra la vita e la morte, questa specie di grigio è totalmente scoraggiante: metti il malato prono, poi lo rimetti supino. Ventili in un modo, poi in un altro, poi in un terzo, ma l'emogasanalisi (una roba che serve per capire come respiri)  rimane sempre così così: non va malissimo, ma neanche migliora molto.
Stanno tutti così, da giorni: un po' meglio. Poi un po' peggio. Poi un po' meglio.
Dopo un po' ti passa anche la voglia di fare cose, perché hai l'impressione che niente serva a niente e quando esci a fine turno cerchi di pensare a cosa potresti fare di diverso, da quello che hai già fatto.
I colloqui con i parenti sono surreali: Chiami al telefono degli sconosciuti e gli dai notizie che in pratica sono sempre uguali. Non so neanche, a questo punto se sia sensato dirgli ogni giorno: " oggi va meglio "o "oggi va peggio" perché tanto è più o meno lo stesso...
Dice che dopo un paio di settimane si sbloccano.
Aspetteremo, facendo un bel respiro.
Il coronavirus non è per anestesisti impazienti.

sabato 14 marzo 2020

Cronache dal Coronavirus

Io sono quella che stava nell'ospedale di riferimento della SARS nel 2009 ed è riuscita a cambiare regione, e trasferirsi in un ospedale più piccolo che è riferimento della Covid nel 2019.
praticamente sono la Signora in giallo dell'anestesia.
Quando mi trasferisco la gente comincia a grattarsi i coglioni...
Che dire? a me piace l'anestesia, ma confesso che in questi giorni ho pensato spesso che in fondo Lettere non era niente male.
Penso più o meno tutti.
la cosa bella è che con questa epidemia riprendi contatto con un sacco di colleghi e amici che non sentivi da tempo. Appena possiamo uscire faremo grandi rimpatriate.
Tutti ti chiedono come va? ed io non so bene che rispondere perciò di solito mi tengo sul vago.
Va così.
Il lavoro è triste stressante e noioso.
Triste e stressante per ovvi motivi, noioso perchè ci sono 13 pazienti (per ora ) tutti esattamente uguali, il che è un esperienza originale per una rianimazione. Tutti con la stessa patologia, la stessa terapia e gli stessi sintomi.
Per me, che ho la memoria di un pesce rosso, è complicatissimo: vatti a ricordare quale dei 13 ha fatto il curaro oggi?
quale stai in APR e quale in SIMV da ieri?
è il letto uno che ha la birubina normale e la creatinina alta  e il letto due viceversa?
Uno strazio.
Faccio schemi e giro con un blocco di riassunto, ma sogno chip intracerebrali alla johnny mnemonic.
Sto andando a ristudiare cose che non vedevo dalla specializzazione.
Quando poi esci dal tuo turno torni a casa e vorresti solo fare finta che tutto questo non esistesse.

venerdì 6 marzo 2020

Dilemmi editoriali

Dicono tutti che le finestre in legno sono bellissime.
Sicuramente.
 Io, però che sono una gretta materialista sogno le finestre in PVC che non fanno passare l'aria, non si deformano , hanno le serrature che funzionano e magari anche il vasistas.
Le meravigliose finestre in legno che ho in casa ( come tutte le altre meravigliose finestre in legno che ho avuto in tutte le altre case) comprendono maniglie difettose, cornici cubiste ed una quantià di spifferi che rende l'isolamento termico ed il risparmio energetico praticamente un miraggio.
Purtroppo il costo necessario a passare da questi capolavori naturali ad un becero e triviale PVC si aggira intorno ai quindicimila euro, quindi è probabile che godremo ancora per molti anni di questa grande bellezza.
L'incantevole finestra del bagno, per esempio,  non resta aperta, quindi per evitarne la chiusura utilizzavo come cuneo un vecchio romanzo harmony giunto in casa nostra per vie traverse, che rispondeva allo scopo ottimamente.
Un giorno a cena Gio mi ha chiesto: "ma scusa Propofol: non potremmo utilizzare qualcos'altro per tenere aperta la finestra del bagno? qualcosa che magari sia anche leggibile mentre uno sta in bagno?"
dato che la questione era delicata ci ho riflettuto seriamente.
Ho buttato l'harmony e ho comprato una bella copia fiammante di Men's Health che ho messo in bella vista sulla finestra, anche se l'harmony era di misura più giusta.
Dopo una settimana ho affrontato di nuovo l'argomento: 
"senti ho detto  quella rivista in bagno...ho provato a leggerla..."
"anch'io," mi ha interrotto lui. "è DAVVERO orribile."
"sì, guarda. in confronto l'Harmony era alta letteratura."
"illeggibile"
Il giorno dopo sono passata dal giornalaio e ho comprato Le Scienze.
Almeno vado sul sicuro che è interessante, mi sono detta.
Troppo. perchè poi capita un' amica biologa a cena e tu glielo presti per farle leggere un articolo sul DNA dei neanderthal che ti ha fatto proprio pensare a lei.
Allora ho preso il National Geographic.
Mi sono detta: cambiamo genere. Sono quasi tutte foto.
Peccato che quelli del National Geographic abbiano fatto uno splendido articolo sugli arsenali di Venezia, motivo per cui ho trovato la finestra chiusa e la rivista sul comodino di mio marito.
Per fortuna tornando da un viaggio transcontinentale, lui ha portato una copia de l'Economist che ha già letto e che resiste in bagno da quasi 3 giorni.
Io non so se la penna ferisca più della spada, però per i serramenti è un vero disastro.

il devastante potere della mente

Dite la verità: voi pensate spesso che noi medici con questa storia della prevenzione siamo dei rompiscatole.
Lo so.
E guarda, avete anche ragione.
Io la capisco mia madre che alza gli occhi al cielo ogni volta che le dico di fare il sangue occulto nelle feci. Davvero. Lo capisco che l'ultima cosa che ti va di fare è metterti a raccogliere campioni di feci e poi portarli in giro. Ed è proprio perché io lo so -perché noi medici lo sappiamo- che siamo quello che qua in Toscana definiscono, con mirabile precisione "un gatto attaccato ai coglioni"
D'altronde, se pensate che per noi sia un piacere disilludetevi: mentre voi avete un'idea approssimativa di quello che può significare un cancro al colon io ne ho un idea precisa fino all'ultimo orribile particolare. Se vi angoscia il poco che sapete pensate quanto siamo angosciati noi che sappiamo tutto.
Io ho una familiarità per cancro al seno e ogni anno faccio mammografia ed ecografia come da linee guida, ma questa cosa di solito è complicatissima perchè il mio subconscio la rifiuta con tutte le sue forze e crea una serie di ostacoli inverosimili per farmela rimandare.
Quest'anno per esempio ho cominciato ad angosciarmi a dicembre pensando che avrei dovuto farmi fare la ricetta per la mammografia. A metà gennaio ancora ero senza ricetta; In fondo sono un medico che lavora in un ospedale: quante possibilità ho di trovare un altro medico?
Nostro Signore, che è un fan della prevenzione, ha guidato la mano del primario mentre faceva i turni e mi ha messo a metà gennaio in sala operatoria in chirurgia senologica. A quel punto con due senologi davanti è stato virtualmente impossibile anche per il mio subconscio evitare di farsi fare la ricetta.
Due giorni in più perchè ovviamente non avevano il timbro là e per fare la strada dalla sala operatoria al bancone del reparto mi ci sono volute 48 ore.
Comunque a fine gennaio avevo la ricetta timbrata.
Cosa ci vorrà mai a prenotare una mammografia?
Tra l'altro io lavoro in una città e vivo in un'altra quindi posso utilizzare due CUP di cui uno nell'ospedale in cui lavoro.
Dopo 20 giorni in cui mi ricordavo di chiamare il CUP solo rigorosamente dopo le 17 o durante i festivi ho chiamato la mia amica farmacista (qui in Toscana le farmacie fanno anche da CUP) e l'ho implorata di prendermi un appuntamento lei perchè io da sola non ce l'avrei mai fatta.
Non c'è riuscita per motivi tecnici.
A quel punto ho deciso di usare la violenza.
Mi sono alzata mettendo la sveglia in una mattina in cui non lavoravo.
Ho mandato la bambina a scuola con Gio
mi sono seduta alla scrivania e ho telefonato al CUP.
Et voilà: ecco prenotato il mio comodo appuntamento per lo screening mammografico in 10 minuti.
E 64 giorni esatti
il devastante potere della mente.

venerdì 28 febbraio 2020

ma il buonsenso, cavolo...

- Pronto?
- Ciao! Sei il rianimatore? 
- Si, dimmi
- Puoi scendere in pronto soccorso? Mi hanno portato un 94enne in arresto cardiaco 
- Si chiama morte naturale. 
(clic) 

venerdì 21 febbraio 2020

Minuzie

"Senti, quel paziente di domani..."
"eh"
"quello che avete messo per primo in lista operatoria..."
"eh"
"Come mai va per primo?"
" Perché ha un sacco di patologie di base  ed è probabile che ci siano complicazioni e gli serva un posto letto in rianimazione"
"Ah, solo per quello no? quindi potremmo anche farlo per secondo. Cioè non ci sono problemi con il resto?"
"No, Mario, a parte la morte nessun problema..."

venerdì 14 febbraio 2020

Reparto risuscitazione al piano di sopra

Arriva un fax con una richiesta di consulenza anestesiologica per un paziente ricoverato in medicina, con una consulenza neurologica ,che dev'essere sottoposto a intervento ortopedico.
Studio perplessa il foglio, già immaginando la fregatura e mi avvio al reparto in cui trovo la seguente situazione:
Paziente di età superiore a 90 anni. Frattura di femore su un femore già fratturato e con protesi, attacco di colecistite in corso , E emorragia cerebrale. Di base ovviamente è diabetico, cardiopatico, insufficiente renale e altre 3 o 4 patologie a caso tra quelle degli esami del quarto e quinto anno di medicina.
In cartella l'ortopedico scrive che si deve rioperare per il femore quando è stabile. Sentire l'anestesista.
Il neurologo scrive che può operarsi se fa la spinale. Sentire l'anestesista.
Il medico scrive che se per l'ortopedico e il neurologo si può operare per loro la colecistite non è una controindicazione. Sentire l'anestesista.

Io, che sono l'anestesista, leggo la cartella e m'inkazzo.

Scrivo una consulenza in perfetto medichese in cui dico che il paziente ha un rischio operatorio altissimo e consiglio ai colleghi di rivalutare il timing e l'indicazione chirurgica nel suo insieme, anche alla luce del fatto che la spinale (qualora si potesse fare) non sarebbe scevra da complicazioni.

Al cartellino incontro l'ortopedico.
"ho visto la consulenza che hai scritto per quel paziente" mi dice "non sei stata molto incoraggiante"
Gli rivolgo lo stesso sguardo di quando trovo Sofia che che guarda i Me contro Te.
"Mario, tu hai visto la cartella ?"
"sssiii..."
"Ecco: quel paziente non ha una - una- possibilità al mondo di uscire da quest'ospedale vivo ,al netto di un intervento diretto di Nostro Signore. Ti è chiaro questo, vero?"
"Si.
Si. Volevo solo dire che tu l'hai scritto molto elegantemente..."

Ho sorriso e ho stimbrato.
Ortopedici.

venerdì 31 gennaio 2020

Le feste dell'anestesista

lavorando in un reparto attivo 7 giorni su 7  e 24 ore al giorno finisce sempre che perdi un po' il polso delle festività della gente normale, ma sopratutto che entri così tanto nella vita dei pazienti del reparto che te la porti un po' a casa anche quando non ci sei. Diventa una specie di serie TV che guardi tutti i giorni e vedi cosa succede...

Alcuni mirabolanti esempi di messaggi festivi tra rianimatori

25 dicembre :

Ciao , quando fate Prosafe non dimenticate la voce tumore/tumore metastatizzato quando si tratta di chirurgia addominale per K 16.49

Daniè, ho appena fatto cinquina. me lo ridici il 30, eh... 16.50

ma stai a rispondere?  16.51

Non mi distrarre che vado per la tombola  16.52


31 dicembre

Ho inviato l'orario di gennaio. Ciao e buon anno! 19.36


15 agosto

Stavo pensando che il paziente del letto due ha una creatinina in aumento. Bisogna adattare la dose del merrem  02.43

Ornella, sono le due di notte di ferragosto... dormi bella... 02.45

lo so, ma tanto fa caldo e non ci riesco . 02.47

Anche del Tygacil, eh... 02.48

venerdì 24 gennaio 2020

Dovrebbero interdirci

Noi medici siamo i peggiori pazienti. Sul serio.
Io mi lamento di mia madre, ma in confronto al sanitario medio lei è santa Teresa di Calcutta con tutta la "Casa per i morenti".
Sostanzialmente i medici, in quanto pazienti ,si dividono in due categorie. Gli abusatori e i matipare.
Gli abusatori conoscendo la farmacopea ne fanno un utilizzo compulsivo. Ho visto donne ingoiare un diuretico per il gonfiore da ciclo. Se hanno la febbre non prendono un antibiotico, ne prendono almeno tre: ci fosse mai un batterio multiresistente che la scienza non ha ancora scoperto. Per il mal di testa fanno almeno la risonanza magnetica, vuoi mai che sia un tumore al cervello...
Poi ci siamo noi, i matipare.
Siccome siamo abituati ai pazienti che stanno male ci sembra impossibile che stiamo male così anche noi. Ci sembra impossibile aver bisogno delle stesse cure che prescriviamo. La frase tipica è: "ma ti pare che ho la polmonite?!"
Io sono l'esempio perfetto: sono l'unica anestesista che ha fatto la peridurale a dilatazione completa perchè non voleva svegliare il collega di notte.
Dopo il parto Enrica è venuta a trovarmi e mi ha detto: "Manco le rumene appena arrivate in Italia partoriscono così. " Con aria schifata.
La scorsa settimana mi è venuto mal di gola.
Fedele al motto "matiparechehoilmalgola" i primi due giorni non ho fatto niente e il terzo giorno parlavo come Darth Vater. Ho incontrato  un otorino in sala operatoria, e gli ho chiesto con aria noncurante: "Carmelo, ho mal di gola: che dici, mi piglio un aspirina o lascio perdere?"
lui ha chiesto: "da quanto ce l'hai?"
"ma saranno un paio di giorni..."
"febbre?"
"nooo, ma ti pare!? mi fa solo male...odinofagia" ho detto citando il termine tecnico in un pietoso tentativo di fare la simpatica
"eh...non mi pare: direi anche rinolalia, a sentirti...sembri tutta chiusa"
ha ribattuto lui, che è un ottimo otorino, "ma ti ha visto qualcuno di noi?"
"noooo, ma ti pare? era giusto così...per saper se prendo un aulin..."
"eh, prendilo...ma se in 3 o 4 giorni non ti passa vieni a farti vederec he bisogna che prendi un antibotico"
"un antibiotico!? ma ti pare!? passerà"
lui mi ha guardato con l' aria sorniona di chi conosce i suoi polli
Io, tornata a casa ho preso l'aulin. Poi ho fatto l'aerosol col cortisone. Poi mi sono presa i propoli. Le vitamine. Il ginseng.
Al 5 giorno di terapia con tutto questo il mal di gola non eracambiato di una virgola ed io, bestemmiando, ho ingoiato una compressa di augmentin.
Alla terza compressa , dopo 12 ore, il dolore era sparito e la mia voce era tornata normale.
Ho incontrato Carmelo in sala operatoria che mi ha chiesto: come va?
"Bene" gli ho risposto con aria colpevole e il capo coperto di cenere "ho preso l'antibiotico. "
Lui mi ha fatto un sorriso indulgente.

venerdì 17 gennaio 2020

Nella vita ci vuole culo

Vecchietto di 80 anni gagliardo e tosto che deve dare un limata alla prostata...roba di routine.
Mi  presento e spiego che faremo un anestesia spinale.
"ah, sì, dottoressa." interviene lui"  le volevo dire : io ho fatto due volte l'anestesia spinale : la prima me l'ha fatta un dottorino che ha fatto una sola puntura e ci ha preso subito. La seconda me l'ha fatta una dottoressa che mi ha fatto 4 buchi e non riusciva a trovare lo spazio e alla fine io gli ho detto: basta! non voglio più che mi tocchi. Allora lei ha chiamato un altro dottore che c'è riuscito subito. Patti chiari e amicizia lunga: se mi deve fare 4 buchi io la spinale non la voglio!"

Per fare un anestesia spinale bisogna passare un ago sottile come un capello tra una vertebra e l'altra, bucare un legamento, passare tre strati di meningi ,arrivare al sacco in cui c'è il liquor  e iniettare l'anestetico. Tutto questo senza vedere, ma solo sulla base di informazioni tattili. Ci vuole mano,esperienza, preparazione specifica, tutto quello che vuoi, ma a volte ci vuole culo. E sì, perché se guardate la schiena di vostra nonna vedrete che il concetto di "dritto" e quello di "spazio tra due vertebre" sono più desideri teorici che realtà anatomiche. D'altronde se uno ha lavorato, magari in fabbrica, tutta la vita non è che si può pretendere la schiena di un dodicenne, no?
Bestemmiando in 6 lingue entro in sala operatoria a preparami mentre lui dice agli infermieri: è brava quest'anestesista?
"Come no!"  rispondono loro, leali fino alla morte, "guardi, l'abbiamo fatta venire da Roma, è la più brava di tutte."
Lo mettiamo in posizione e mentre sto disinfettando la schiena aggiunge: mi raccomando, eh, dottoressa! guardi che mio genero è anche un medico di qui! " tanto per diminuire il mio livello di ansia.
Infilo l'ago in quello che sembra lo spazio tra due vertebre.
Osso.
Non si passa.
Angolo l'ago verso l'alto.
Osso.
'ndo cazzo sta sto spazio tra due vertebre.
Sento un brivido gelido sulla schiena. Cambio angolazione. niente.
mentre già penso a quale collega chiamare per farmi aiutare faccio un ultimo tentativo e voilà! sento quel meraviglioso cedimento dell'ago che passa il legamento. Vado ancora avanti e click, lo scattino del passaggio nelle meningi. Sfilo l'ago incredula ed esce il liquor a conferma del fatto che sono riuscita ad andare dove dovevo. Inietto l'anestetico e dico al paziente.
"Finito, eh, è stato bravissimo."
"ah! brava lei dottoressa!" mi risponde lui,  goviale" pensavo non ce la facesse "
Ansia da prestazione? c'est moi!

domenica 12 gennaio 2020

Conosci te stesso

Ortopedico: Sai, ho la bimba a casa con la febbre alta. Ha pure un po' di tosse da 3 o 4 giorni...
Io: accidenti, gira lo streptococco, le hai fatto il tampone?
Ort: sì, sono andato in farmacia e le ho comprato il test rapido! gliel'ho fatto! ma è negativo.
Io: ah, bene, e le hai auscultato le spalle?
Ort: Le spalle? col fonedoscopio? e che gliele ascolto a fare? Così, come aneddotica, un giorno quando sarà grande le dirò: "lo sai amore che una volta papà ti ha ascoltato le spalle?"