mercoledì 24 giugno 2020

Change

Qualche tempo fa, sulla scia di un periodo un po' di skazzo, avevo partecipato ad una domanda di mobilità per l'ospedale della città in cui vivamo.
Quello dove attualmente lavoro si trova in una cittadina poco lontano , una distanza che ad un romano sembra brevissima, anche se il toscano medio la considera dall'altra parte della galassia.
l'avevo fatto senza veramente crederci; un po' per motivi logistici di comodità, un po' perchè sentivo di essere arrivata ad un punto morto in questo ospedale, di non avere possibilità di crescere professionalmente o imparare altro.
Come sempre , invece la vita decide per te, e la mia nella fattispecie ha deciso per il trasferimento , che sarebbe dovuto essere immediato o quasi, salvo l'insorgere di una lievissima pandemia.
Il 23 maggio, mentre facevo colazione inzuppando il ciambellone nel cappuccino, ho ricevuto il messaggio di una collega di un ospedale in cui vado a fare dei turni extra: Mi dispiace che non verrai più qui, ma sono felice per il tuo trasferimento.
Dopo essermi strozzata col ciambellone ed aver fatto due o tre telefonate ho scoperto che il primario aveva dato il nullaosta al trasferimento.
In due giorni non solo stavo  per trasferirmi, ma avendo 52 giorni di ferie da smaltire ero in ferie. Forzate. Fino ad agosto.
Superato lo shock della vacanza più lunga della mia vita dal quarto ginnasio ho cercato di vincere la reticenza delle amministrazioni dei due ospedali, che hanno recepito perfettamente le norme sulla privacy: per non diffondere dati sensibili loro proprio non rispondono.
Ho scritto a qualunque ufficio competente e anche a Babbo natale: magari non so dove e quando vado a lavorare ma avrò la casa di Barbie con l'ascensore che sto aspettando dal 1982.
Nel frattempo si è scatenato un nuovo gioco di società: chi si accatta Propofol: dovuto al fatto che io nel mio curriculum ho un po' di tutto, compreso abbinare gli accessori e la farcitura dei panini e quindi sarei andata bene per diverse sedi tra sala operatoria e rianimazione, in cui preparare dei panini ben bilanciati è davvero molto utile.
Una vocina nel mio cervello si chiede: Propofol, ma non te ne potevi stare un po' tranquilla? ma pure se non imparavi qualcosa di nuovo cascava il mondo? ma se ti segnavi ad un corso di cucina e continuavi a fare le ernie inguinali?
ma dentro di me risuona la voce di Gneo Pompeo: Navigare necesse est, vivere non est necesse.
Finirà malissimo, lo so.

sabato 6 giugno 2020

Brava Giulia

Giulia è silenziosa, giovane, piccola; difficilmente da dietro le lenti degli occhiali si riesce ad incrociare il suo sguardo. Questo fa sì che uno sia portato a pensare ad una persona dal carattere mite: un grossolano errore di valutazione che può portare tragiche conseguenze.
Tra i nostri pazienti ce n'è uno che ha un quadro molto complesso: respira male ,il cuore è malato, è in ospedale da mesi. Non essendo italiano non parla nè capisce molto bene ,per cui è difficile raccogliere l'anamnesi.
è arrivato da noi in rianimazione non covid per un peggioramento del quadro clinico, quando tutti i rianimatori più esperti erano occupati nella covid e pur senza averlo trascurato,  sicuramente abbiamo mancato di studiare il caso con la dovuta attenzione.
Noi.
Giulia invece si è piantata lì una notte con la pazienza di una quercia e , siccome in questo paziente qualcosa non le tornava , ha cominciato a ristudiarsi 4 mesi di cartella clinica, giorno per giorno.
E qualcosa continuava a non tornargli.
Il turno seguente quindi si è attaccata alla strutturata di turno, che ero io, e ha cominciato, mite e incrollabile a raccontarmi la storia.
Incurante del fatto che io non avevo nessuna voglia di sentirla lei ha continuao a ripeterla.
Di nuovo.
Di nuovo.
Finchè le sue parole hanno cominciato a passare dalle mie orecchie al mio cervello e anche io mi sono resa conto che qualcosa non andava e mi sono messa ad ascoltarla, a riguardare le cose che mi segnalava in cartella, ad aggiungere altri pezzi a cui lei non riusciva ad arrivare.
Ho stalkerato il neurologo, l'infettivologo, il fisioterapista.
Abbiamo fatto una tac, un elettromiografia, una puntura lombare, che hanno portato a nuovi elementi, ma Giulia non era ancora soddisfatta: un pomeriggio ricevo una telefonata dal responsabile :" Senti, sto qua con Giulia, che mi stava parlando di quel paziente del letto 3...in effetti forse è il caso di fare una risonanza..."
Il responsabile. Era riuscita a smuovere anche lui.
Alla fine i neurologi sono dovuti tornare, guardare i nuovi esami, riscrivere le consulenze, reimpostare le terapie.
Alla fine il paziente è andato in riabilitazione con una diagnosi completamente diversa da quella che avevamo fatto all'inizio.
E questo grazie a Giulia che sembra mite e timida ma è un gatto attaccato ai coglioni.
Chapeau.