lunedì 30 giugno 2008

Grandi Anatomisti

- "Dottorè, scusi, che po' venì un attimo a controllà il paziente appena entrato? c'ha il catetere ma mi pare che abbia una parafimosi!"
Per parafimosi si intende una malattia che impedisce di rimettere in posizione normale il prepuzio una volta retratto. Se non trattata può provocare problemi e capita a volte che si manifesti nei pazienti cateterizzati a lungo in rianimazione.
Comunque, siccome per ragioni squisitamente biologiche non sono abbastanza esperta di prepuzi da poter fare diagnosi ad occhio, chiedo l'aiuto del mio primo di guardia (maschio).
In tre giriamo intorno al paziente, smuciniamo un po' 'sto prepuzio (il paziente è sedato), e tiralo su, ma vedi che non sale, ma è normale che sia così, ma si scappuccia troppo, ma no, ma insomma... dopo un quarto d'ora ci siamo quasi convinti dell'opportunità di richiedere una consulenza urologica urgente, quando ci cade l'occhio sul nome del paziente: Davide Levi.
A quel punto due neuroni sparsi nei nostri cervelli fanno finalmente una scintilla e ci rendiamo conto in 3 (2 rianimatori e un infermiere) che il paziente non affetto da alcun oscuro morbo urologico, ma è semplicemente un uomo circonciso come tutti gli uomini di religione ebraica...
Ma tu pensa che figura se chiamavamo gli urologi...
Non meritiamo neanche un 18 in anatomia...

sabato 28 giugno 2008

Quelli della rianimazione sono degli stronzi

1. I reparti di chirurgia che devono operare dei pazienti gravi, vogliono assolutamente un posto in rianimazione, perchè non è possibile che questi debbano aspettare e stare in reparto per giorni e giorni.
Siamo degli stronzi che non gli vogliono dare il posto.

2. Il pronto soccorso ha dei pazienti che stanno là da 3 giorni, e questo non è mica un reparto, così si bloccano le entrate, si peggiora il servizio ai cittadini, ci serve di trasferirli in rianimazione e noi
siamo degli stronzi che non gli vogliono dare il posto.

3. I reparti di medicina hanno dei pazienti gravi che si gioverebbero del monitoraggio di rianimazione e non è possibile che debbano restare là abbandonati, loro non hanno i mezzi e neanche il personale adatto e , si sa, che per noi sono sempre l'ultima ruota del carro.
Siamo degli stronzi che non gli vogliono dare il posto.

4. il 118 chiama due volte al giorno alle 8 e a mezzanotte, che ci puoi rimettere l'orologio e dice, che, insomma, hanno diverse urgenze negli ospedali periferici a cui serve un posto in rianimazione, ma insomma, possibile che da noi è sempre tutto occupato?!
Siamo degli stronzi che non gli vogliono dare il posto.

In 12 ore di guardia gli stronzi suddetti si ciucciano 17 pazienti + tutte le urgenze in 2 medici e 9 infermieri, tipo la linea del Piave mentre le 3 linee telefoniche si intasano di gente che ci insulta al telefono perchè non gli facciamo trasferire i loro pazienti da noi.
E quando li invitiamo a venire a verificare di persona che i letti sono occupati, ci rispondono che noi della rianimazione siamo i soliti stronzi e che se vogliamo i letti li facciamo uscire.
Confesso che ogni tanto vorrei uscire io.
e andare al mare, che è anche stagione.

mercoledì 25 giugno 2008

Piccolo galateo per ospiti non graditi

Tra i capisaldi dell'educazione impartitami dalla mamma ce ne sono almeno tre applicabili alla vita ospedaliera:
1) quando si entra in casa d'altri si saluta
2) quando si è ospiti ci si adatta alle usanze della casa
3) quando si riceve un favore si ringrazia

Ora, tra le mansioni che ricadono sulla rianimazione, c'è il trattamento di quei pazienti che hanno subito interventi chirurgici particolarmente impegnativi e che necessitano quindi di un monitoraggio stretto per almeno 24 ore dopo l'operazione; ogni reparto, secondo una rigida lista d'attesa, ci manda quindi i suoi pazienti più difficili e noi ce li ciucciamo per un paio di giorni finchè non stanno abbastanza bene da poter andare in un comune reparto (nell'ipotesi migliore).

Rispetto ai nostri pazienti comuni questi stanno decisamente bene. Sono persone operate dopo un'adeguata preparazione e dopo aver stabilizzato le loro patologie di base; diciamo che per noi sono i pazienti " facili". I chirurghi che li hanno operati però non vedono la cosa allo stesso modo: quelli sono i loro pazienti più difficili, quindi pretenderebbero che noi passassimo la nostra giornata a guardare loro, senza rendersi conto che tutti gli altri eccetto loro, sono l'emergenza...
Di solito si presentano in reparto comodi comodi alle 9 del mattino dopo che si sono alzati e hanno fatto colazione, belli sbarbati e col camice crocchiante, mentre noi abbiamo già attaccato a lavorare da un'ora e mezza e ci sono quelli distrutti dalla notte che finalmente riescono ad andarsene

Stamattina un chirurgo psicologicamente labile come tutti gli altri, è entrato mentre richiedevo una tac per un paziente operato da lui il mese prima (e che da un mese giaceva in rianimazione senza riuscire a risolvere il suo problema) e ha cominciato ad urlare come un pazzo che noi non potevamo chiedere tac senza averne prima parlato con lui. Urlava talmente che le vene del collo gli si erano ingrossate e la voce aveva assunto un tono stridulo. Io lo guardavo allibita come fossi rimasta di sale, tipo la moglie di Lot mentre lui continuava a inveire contro di me. Confesso che sono corsa a chiamare la prima di guardia e me ne sono rimasta di là mentre ci litigava lei.
Ora capisco la risposta di un collega anziano che quando gli ho chiesto come si decideva chi era pronto a fare il primo di guardia mi ha risposto: mah...non è tanto la capacità di gestire i pazienti...è gestire i consulenti...

lunedì 23 giugno 2008

Vacanze intelligenti

Ad aprile abbiamo deciso; quest'anno vacanze intelligenti: due settimane a luglio in Tanzania.

Il risultato del nostro progetto è che tra 15 giorni partiamo per la Russia.

L'anno prossimo programmiamo le ferie ad agosto a Riccione. Magari riusciamo ad andare in Tibet.


Vooolga, VOOLLLGGGA....

domenica 22 giugno 2008

Psicopatologia del chirurgo

Già che ho inserito l'argomento dei chirurghi sarà opportuno che io mi dilunghi un attimo a spiegare la problematica interazione tra Noi e Loro.
Ovviamente il mio è il punto di vista di una sola parte, ma questo è il blog di un anestesista, perciò il bluff è dichiarato.
I chirurghi dicevo, sono una razza balzana, proprio come certi cavalli capaci di vincere tutte le gare ma che ogni tanto di punto in bianco roteano gli occhi, cominciano a schiumare dalla bocca e tentano di mordere l'amato fantino.
Sarà la tensione a cui sono sottoposti, sarà il rigido autocontrollo che si devono imporre, ma sono in genere mentalmente instabili.
Nella maggioranza sono persone carine e gentili che magari ti offrono il cappuccino quando le incontri al bar,  e scherzano con te in sala operatoria, poi all'improvviso comincia l'operazione, e loro danno di matto: urlano, bestemmiano, hanno i tic... ne conosco uno, uno stimato professionista, che quando s'inkazza comincia a prendere a testate i suoi assistenti (i chirurghi al tavolo operatorio hanno i guanti sterili e il camice sterile, per cui non possono toccare nulla con le mani...) , un'altro quando si innervosce batte i piedi sul pavimento, tipo bambino dell'elementari che fa i capricci, un terzo chiede 20 volte al secondo all'infermiera di sistemargli la luce sul campo operatorio, un quarto lancia addosso al personale di sala brandelli di tessuto sanguinolento...cose così, fatte da una persona in una situazione" normale" basterebbero a garantirgli una terapia di assistenza psichiatrica per un certo tempo, invece , nel microcosmo della sala operatoria la cosa viene considerata con un misto di irritazione e rassegnazione...come coi cavalli appunto. La cosa fin qui resterebbe nel folklore se non fosse che poi il loro atteggiamento aggressivo spesso si sfoga su quelli che gli stanno intorno e lì intorno c'è sempre l'anestesista.
Ho notato però nel tempo che i chirurghi veramente bravi, i "grandi vecchi" con anni di esperienza, o i giovani e talentuosi geni del bisturi, non perdono mai la calma, non gridano, non bestemmiano anche nelle condizioni più critiche e non se la prendono mai con quelli che hanno intorno.
Non sarà un metro di giudizio ortodosso, ma per valutare la bravura di un chirurgo io guardo sempre il suo atteggiamento al tavolo.
Ricordo un super professore che alla fine di un passaggio particolarmente delicato e complesso  di un grosso intervento, si voltò verso di me, che ero solo una specializzanda alle prime armi, e sorridendo gentilmente con gelidi occhi azzurri mi apostrofò:
"è vivo il paziente, compagna anestesista?"
io, presa alla sprovvista risposi: "si professore: hasta la victoria!"
e lui: "siempre"
e terminò l'operazione felicemente.
Ecco come si sta al mondo.

venerdì 20 giugno 2008

Rianimatori E Anestesisti

L'opinione pubblica per lo più ignora il ruolo, la qualifica e le mansioni dell'anestesista. L’ idea che ne ha la gente corrisponde più o meno ad una suorina infermiera con un cappello a falde larghe che si china teneramente su di te mentre dormi.
Il mio maestro ha 40 anni, è alto 1.90 e ha dei muscoli tipo quelli del governatore della california quando ancora girava “Terminator”; per i 4 anni di specializzazione mi ha urlato dietro che l'anestesia è roba da gente con le palle e che noi facevamo meglio a stare a casa a fare pompini (sic).

Quando dici che fai l’anestesista la gente ti guarda interdetta e poi dice”ah, beh, l’anestesista è anche più importante del chirurgo mi hanno detto”
Poi si tradiscono perché chiamano i chirurghi “dottore” e te “signorina”…
i più disorientati prima di addormentarsi ti chiedono: “ma lei ogni tanto viene a vedere se sto bene?” come se ti chiedessero un favore…
Oltretutto gli stessi pazienti che pensano che tu sia un infermiera se ti vedono in sala operatoria, ti trattano come un luminare se ti incontrano in rianimazione ( E.r. ha insegnato il sacro rispetto del rianimatore all'opinione pubblica: grazie George!) senza sapere che la scuola di specializzazione che frequentiamo tutti dopo la laurea in medicina è Anestesia E Rianimazione.
Senza dilungarmi troppo dirò che l'anestesista si occupa di pazienti in cui vengono alterate le funzioni vitali, che sono essenzialmente 3: la respirazione, la circolazione e la coscienza; Quindi noi ci occupiamo per lo più di alterazioni di cuore, circolo, polmoni e cervello che minacciano la vita del paziente. Nonostante quello che pensano molti colleghi che ci chiedono consulenze, se la vita del paziente non è in immediato pericolo la cosa non è di nostra competenza.
In pratica noi siamo pagati per pensare al peggio, come iettatori professionisti.
Ora, incidentalmente, gli interventi chirugici mettono a rischio la vita del paziente, in quanto sono dei piccoli o grandi traumi; inoltre, per farli sostenere al paziente bisogna annullare due funzioni vitali : la coscienza e la sensibilità. Ecco perchè c'è un anestesista in sala. E ci sta sempre. Non ogni tanto o per un po'.
L'anestesista non è più importante del chirurgo, l'anestesista fa cose completamente diverse dal chirurgo e i due interagiscono per rendere possibile una cosa innaturale: aprire un essere umano per fare qualcosa all'interno del suo corpo e poi richiuderlo e fargli proseguire il corso della sua vita come se niente fosse.
Come ogni convivenza anche questa è spesso irta di difficoltà e incomprensioni, ed è per questo che chi vuole evitare di farsi dei nemici deve evitare di dare all'anestesista del chirurgo. e viceversa.
praticamente come dare del Pisano ad un Livornese.
O quasi.

Sandro, il mitico

Come ho già spiegato altrove, nel mio ruolo di secondo di guardia devo andare in giro per l'ospedale a fare consulenze; per motivi legali che non ho mai indagato, quando queste sono in reparti fuori dalle mura dell'ospedale bisogna andare con la macchina dell'autoparco anche se "fuori dalle mura" significa solo attraversare una strada per arrivare al palazzo di fronte.
Ieri sono stata chiamata per un paziente molto grave.
Ho telefonato all'autoparco e gli ho detto di mandare subito una macchina a prendermi.
Dopo 10 minuti, siccome ancora non si era visto nessuno, mi sono attaccata all'apparecchio e ho fatto una scenata tipo Filumena Marturano urlando che io non stavo giocando, ma dovevo fare una consulenza per un paziente in pericolo di vita, e che avevano 1 minuto esatto per mandare qualcuno a prendermi, altrimenti li avrei denunciati tutti alla direzione sanitaria, alla polizia e al papa e a qualcun'altro che mi sarebbe venuto in mente. Il centralinista, investito dalle urla, ha balbettato che non aveva la macchina disponibile perciò mi avrebbe mandato un ambulanza.
25 secondi dopo esatti atterrava rombando davanti al portone l'autoambulanza col mitico Sandro alla guida.
Gli ci sono voluti 7 secondi per ascoltare la situazione e afferrarla al volo dopodichè è partito a sirene spiegate che manco" miami vice".
3 secondi dopo eravamo al cancello di uscita dell'ospedale, e già vedevamo la nostra meta quando ci si è piazzato davanti un pulmino blu, che non capisce che noi dobbiamo uscire da quella strada e resta là fermo.
Sandro non si sgomenta: afferra il megafono in dotazione al potente veicolo e, in mezzo all'intero viale del policlinico, gremito di persone e veicoli, a tutto volume, urla:
AO', NUN HAI CAPITO: TE DEVI DA LEVA'!!!

per la prima volta da quando lavoro sono entrata in un reparto di consulenza ridendo come una pazza...

cmq il paziente è salvo.

Bella Sandro!

giovedì 19 giugno 2008

This is Hollywood

Ormai a corto di fondi per qualunque cosa, il nostro direttore generale ha deciso di affittare un reparto vuoto alla televisione per girarci film, sceneggiati e soap opera. La decisione si può giustificare sul piano morale dicendo che quei soldi alla fine andranno per il bene dei pazienti, ma gli effetti sono a volte piuttosto curiosi;
oggi per esempio davanti al set c'erano un gruppo di medici " veri", in tutina verde logora, che aspettava che finissero il "ciak" per passare, e un gruppo di medici finti in tutina grigia nuova, che aspettava di girare.
Confesso che noi in verde guardavamo la cosa piuttosto perplessi, ma anche loro non avevano l'aria di sentirsi molto a loro agio...
Anche i pazienti erano divisi in due gruppi: quelli veri, usciti dal vicino reparto di chirurgia per vedere il ciak, e quelli finti che facevano da comparse. I due gruppi erano così simili che ad un certo punto non si capiva più chi fossero le comparse vere e chi quelle finte, quali avessere veri cerotti e quali no, quali macchie di sangue fossero vere e quali fossero puro colorante.
Dopo un po', per un fenomeno di empatia visiva  magari, i malati finti si sono messi a parlare con quelli veri. Alla fine delle riprese c'era un folto gruppo di pazienti sulle scale che chiaccherava animatamente e divideva cibo e sigarette.
Alcuni pagati, altri no.
The show must go on.

martedì 17 giugno 2008

Le soddisfazioni del rapporto medico-paziente

è arrivata in rianimazione l'altro giorno Carmela, un arzilla 89enne operata in urgenza per un occlusione intestinale al pronto soccorso. Disperavamo di salvare la vecchina, data l'età e le condizioni, un lungo intervento, molto sangue perso, un cuore già affaticato.
Lei sembrava proprio un uccellino, piccola piccola nell'enorme letto della rianimazione, con il gregge di affranti nipoti fuori a chiedere notizie.
Contro ogni nostro pessimismo si è imposta invece la tempra dell'antenata che ha brillantemente superato ogni insulto al suo organismo e dopo un paio di trasfusioni, si è rimessa a tal punto da pensare di svegliarla ed estubarla. 
Confesso che eravamo fieri di noi, la sentivamo tutti un po' nonnina del reparto, piccola mascotte a ricordarci che le cose non sempre sono tragiche e orrende, neanche in rianimazione; abbiamo tolto il tubo dalla bocca e sorridendo abbiamo atteso le prime parole della rediviva.
La dolce vecchina ci ha guardato con occhioni azzurri perfettamente lucidi e in puro accento trapanese ci ha detto:
"voi siete gli assistenti del demonio!"
Ecco fatto.
d'altronde uno non lavora per lo stipendio, ma per le soddisfazioni che dà la cura del prossimo.
Ma io sono una anima candida alle prime armi; la mia prima di guardia, una 40enne piena di fascino e ironia ha alzato il sopracciglio e ha detto solo:
"ti senti di darle torto?"

domenica 15 giugno 2008

Noi lo facevamo (e 'sti cazzi? )

Noi non siamo il paese di Pulcinella, noi siamo il paese di Balanzone.
La malattia più diffusa tra gli italiani è il "sotuttismo" , ovverosia la convinzione incrollabile
a) di aver capito tutto della vita
b) di doverlo spiegare al prossimo
c) di non aver bisogno di ascoltare l'opinione del prossimo su tutta la faccenda
il morbo colpisce chiunque, dall'infermiere al professore, dal suocero al benzinaio: appena gliene offri l'opportunità ti attaccano dei pipponi micidiali perchè loro "lo sanno perchè sono vecchi" e tu sei "ggiovane".
Fonti certe mi dicono che la faccenda va così da che mondo è mondo, e va bene, ma è la scelta dell'argomento che mi lascia un po perplessa: se il benzinaio parlasse dello stoccaggio del greggio e l'infermiere delle incompatibilità farmacologiche uno ascolterebbe interessato, invece il benzinaio parla di scienze occulte, l'infermiere di astronomia e mio padre dei farmaci antibatterici.
Ma perchè?
perchè persone all'apparenza normali si lanciano in discorsi strampalati e completamente lontani da ogni loro interesse? e sopratutto lontani dai miei, che devo stare ad ascoltare con un compunto sorriso sulle labbra. (La mia amica Enrica dice che lei pensa alle collezioni delle borse di Prada, a volte arriva anche alla collezione di due o tre anni indietro se la cosa è particolarmente noiosa...).
Un'altra delle cose che mi manda in bestia è la più classica delle risposte italiane: " noi lo facevamo.
Ecco.
Se io vado dal mio primario a dirgli che ho 45 ore di straordinario in questo mese lui mi risponde:
" ehhh, noi lavoravamo gratis, senza neanche guardare l'orario!"
bravo! e vantatene pure.
Se dici al caposala che non ci sono i guanti  in sala operatoria ti risponde:
"ehhh, noi lavoravamo senza guanti e non è mai morto nessuno"
purtroppo di voi no, magari i pazienti...
Se parli con tuo padre e gli dici che hai difficoltà ad arrivare a milano con la Panda 900 ti fa: 
"ehh, io ho fatto il giro della sardegna in 500"
Annibale ha passato le Alpi con gli elefanti, era più figo di te, tiè!.
Insomma: invece di cercare la soluzione, si cerca come al solito di mollare la colpa a qualcuno.
Basta che ce sta o' sole...

venerdì 13 giugno 2008

Figli (medici) di madri (non medici)

La mia è una famiglia di attori, da parte di papà, e di falegnami, da parte di mamma. Oltre a questo filone principale nel parentame vario si trovano: casalinghe, assicuratori, facchini, interpreti, musicisti, bancari, commercianti, architetti, elettricisti, segretarie, commercialisti.
Nessun medico.
Neanche mezzo, che ne so: un pranoterapeuta, un infermiere, un portantino: no.
La mia famiglia si è sempre olimpicamente disinteressata del problema salute.
Ecco perchè quando ho annunciato di volermi iscrivere a medicina a 18 anni, la cosa è stata accolta con profondo sgomento. L'intera genìa in subbuglio ha tentato di farmi cambiare opinione, illustrandomi variamente i vantaggi di seguire le orme paterne, o almeno quelle nonnesche e ziesche, per farsi strada nella vita. 
Ma io ormai ero irremovibile.
Perciò, dopo sei o sette mesi di telefonate minatorie, mio padre (che è il capofamiglia, tipo Padrino ) ha dato l'ordine del cessate il fuoco, ed io mi sono potuta iscrivere alla Facoltà di medicina e Chirurgia.
La sgomenta stirpe però, si è ben presto resa conto che un medico in famiglia (pubblicità occulta dei media...maledetti...) poteva fare comodo, e piano piano, tutte le questioni riguardanti la salute sono finite sulle mie spalle.
Ora, io faccio l'anestesista. è vero che tutti dovrebbero avere una cultura medica di base, ma , per dire, di dermatologia non capisco un acca.
La differenza tra la macula e la papula, tra il brufolo e la vescicola, non mi riguarda più da diversi anni, perciò chiamarmi per distinguerle è inutile.
Altra cosa: io frequento sì, diversi medici, ma non sono in grado di trovare specialisti in qualsiasi ambito. Per esempio: in questa città gli ortopedici sono tantissimi e tutti superspecializzati; il primario di ortopedia del tal ospedale si occupa solo del ginocchio, se devi essere operato alla caviglia devi cambiare ospedale, se hai male alla mano, meglio se cambi città. Sospetto che il primo specialista della colonna sia in Svizzera...
e per finire: il fatto che io lavori in un ospedale non mi dà la possibilità di saltare qualunque iter burocratico per ottenere le cose. Se per fare una risonanza ci vogliono sei mesi, è inutile chiamarmi, non ne ho una a casa.
Ma la regina di tutti i rompicoglioni è mia madre. Santa donna. Un' ipocondriaca di proporzioni pantagrueliche. Se ha mal di testa non è emicrania: è cancro al cervello. I dolori alle ossa non sono artrosi: è miastenia gravis. Ogni volta che ci sentiamo al telefono prima ancora di dirmi ciao, mi fa un riassunto di tutti i suoi disturbi. Ogni volta che apre il corriere salute si scopre tre diverse malattie mortali.
Ovviamente ciò non le impedisce di fumarsi 40 sigarette al giorno.
Ma il problema è che oltre ad essere un medico sono sua figlia, perciò non ha per me quel rispetto che avrebbe per qualsiasi professionista sconosciuto. Quindi se io gli dico: prenditi un 'aspirina e ti passa il mal di testa, lei risponde: nooo, e che scherzi?! un aspirina! adesso aspetto che mi passi!. Se gli dico prendi 20 gocce di questo lei ne prende 10 perchè 20 le sembrano troppe. Se gli dico vai a farti una lastra, mi risponde: no, tanto di qualcosa devo morire.
Come dire: nemo profeta in patria.
e poi si sa che fine ha fatto Cassandra.

mercoledì 11 giugno 2008

Epopea della stanzetta

Pensavo che la vita da secondo di guardia fosse tutta rose e fiori: addio al nomadismo notturno dello specializzando, ora ho una comoda stanzetta nel sotterraneo tutta per me.
Quasi.
In effetti stanotte ho dovuto condividere la stanza con un nugolo di zanzare grosse come stukas che hanno banchettato con il vape e brindato con l'autan e con il nuovo ospite dell'istituto: un simpatico topo di dimensioni ragguardevoli, ma comunque inferiori a quelle del mio terrier, che si aggira da giorni per i sotterranei.
Dormo con  un animale che passa la notte sveglio a girare ed uno che succhia il sangue.
come dire: pares cum paribus.

domenica 8 giugno 2008

Più o meno quello che penso dei chirurghi

- Tu Duval lo prendi troppo sul serio. Un chirurgo è un artista, uno scultore del tessuto vivente. Un grande chirurgo è un grande artista e dell'artista ha il temperamento.
- be' anch'io ho un temperamento, ma non lo uso per rompere l'anima al prossimo. Solo, vorrei tanto sapere cosa mai gli dà il monopolio del diritto di essere un offensivo, arrogante figlio di puttana?
- Se davvero il monopolio lo avesse soltanto lui , mio caro colonnello, glielo lascerei con tutti i sensi della mia gratitudine. Il guaio è che questo mondo è pieno di figli di puttana offensivi e arroganti.


Isaac Asimov  "Viaggio Allucinante" ; classici Urania Mondadori, agosto 1984

Beata innocenza

Due settimane fa o giù di lì abbiamo ricoverato Stefano, un giovane di 20 anni e spicci che ha avuto un incidente in moto. Malconcio e un po' pesto, ma tutto sommato conciato non troppo male, pensavamo di poterlo guarire senza grandi stravolgimenti al nostro piccolo mondo di rianimatori innocenti e over 30.
Poveri illusi.
Il mondo dei "ggiovani" ci è precipitato in casa con la leggerezza di un bilico di peperoni.
Il primo giorno all'orario di visita due ragazze si sono presentate affrante al capezzale del malato... evidentemente una di troppo.
L'austerità del primo di guardia, un compunto 40enne, e la tragicità del luogo ha impedito che si scatenassero scene di violenza dentro la rianimazione, ma fuori le urla si sono sentite bene.
Il secondo giorno una quindicina di ragazzini si sono alternati al capezzale del malato riempiendo il carrello dei medicinali di sciarpe e pupazzetti della Roma.
e noi che eravamo rimasti ai santini.
Dal settimo giorno in poi il redivivo ha cominciato a fare la corte alle nostre infermiere più giovani e carine, con particolare attenzione a due gemelle.
della serie: non ti è bastato un trauma cranico.
Ieri notte a mezzanotte Stefano si lamentava per l'insonnia, perciò gli ho dato 20 gocce di tranquirit. Un po' esitante, lo ammetto, perchè pensavo che come dose fosse un po' alta per un giovane così magro.
Alle due mi chiama e mi fa "te prego, dottorè, famme dormì!"
e io gli rispondo con tono materno: " tesoro, ti ho dato 20 gocce di tranquirit, vedrai che adesso fanno effetto e ti addormenti"  
e lui: " co' 20 gocce di tranquirit?! dottorè, nun hai capito, io vado in discoteca tutti i sabati e me distruggo de amfetamine, ma che ce faccio?!"
Gli ho dato altre 20 gocce e me ne sono prese 2 anch'io... non troppe che sennò mi addormento...io sono un innocente 30 enne...

giovedì 5 giugno 2008

Uomini e topi (di biblioteca)

ok, lo ammetto. Ho sempre subito il fascino degli spostati. Quegli uomini intelligentissimi e completamente disadattati che si mettono sempre lo stesso paio di scarpe e non sono capaci neanche di cambiare una lampadina. Ecco, io li trovo interessanti, buffi, sexy.
Lo sfigato cronico, il nerd, l'asociale egomaniaco, sono sicuri candidati ad avere un posto nel mio cuore. Non a caso anche la maggior parte dei mei amici sono così: super intelligenti e assolutamente impresentabili dal punto di vista sociale.
Uno dei miei colleghi anziani è così. Ovviamente è un genio ed è praticamente un guru dell'anestesia. Parlare con lui è una cosa che rivoluziona il tuo modo di pensare al cuore e ai polmoni. Peccato che per carpire queste cose devi aspettare il momento giusto: seguirlo in silenzio mentre fa i suoi esperimenti e gettare nel silenzio la tua domanda a cui lui, dopo circa 15 minuti, risponde. Il tutto ovviamente senza mai guardarti in faccia.
La prima volta che mi ha chiamato per nome a momenti inciampavo per la sorpresa: benchè lo seguissi pedissequamente da 4 mesi non avrei mai immaginato che avesse preso nota della mia esistenza sulla terra.
Il fatto che ci sia una donna intrepida che essendo sua moglie osa chiamarlo con dei nomignoli mi riempie di sgomento tuttora.
Seguire uno dei suoi protocolli di studio è una di quelle cose che ti fa capire come si fa ricerca. In effetti è una cosa da maniaco assassino: il prelievo di sangue va fatto sempre dallo stesso posto, allo stesso momento, nella stessa quantità, scartando prima la stessa quantità di sangue. Il foglietto che esce dalla macchinetta  con i risultati del prelievo non deve essere strappato, bensì deve rimanere attaccato a quello seguente. Le provette devono essere scritte nello stesso modo e inserite, con il loro apposito numero, nel frigorifero.
E queste cose non è che lui le faccia fare ad un qualsiasi specializzando. Le fa da solo. A qualsiasi ora del giorno e della notte. Il fatto che a volte permetta a me di farlo è una cosa da privilegiati, tanto che a suo tempo mi fece meritare l'appellattivo di "sua figliola prediletta" dai miei colleghi specializzandi.
Ma d'altronde anche Hannibal Lecter ha dei fan, mentre lui non ha mai ucciso nessuno. Forse. 

mercoledì 4 giugno 2008

Eutanasia

A volte ho la sensazione che la comunicazione tra medici e pazienti non sia assolutamente possibile. Ecco un esempio.
Mi è capitato di essere chiamata in un reparto per l'arresto cardiaco di una paziente. La signora, che ho trovato praticamente morente, era una giovane donna di 40 anni che aveva purtroppo un cancro al seno. dopo essere stata operata la prima volta il cancro è tornato; è stata operata la seconda volta e ha iniziato la chemioterapia che non ha dato risultati, ma in compenso ha provocato una tossicità acuta al cuore che ha dato un infarto massivo.
Quando sono stata chiamata per rianimarla la signora era piena di metastasi ai polmoni e alle ossa e aveva una speranza di vita di circa 3 mesi. Aveva la morfina già in corso come terapia del dolore. Ho eseguito tutte le manovre rianimatorie, il cuore ha ricominciato a battere e ho trasferito la paziente in rianimazione. Sono uscita io stessa dalla camera a parlare con i parenti, gli ho spiegato quello che era successo, come e perchè. Gli ho spiegato che anche se il cuore aveva ricominciato a battere era probabile che il cervello fosse stato danneggiato e che lei non avrebbe ripreso conoscenza e ho risposto a tutte le loro addolorate domande. Confesso che avevo dei dubbi su ciò che avevo fatto. rianimare un paziente così per farlo restare vegetale in un letto di rianimazione non è proprio quello che consideri un lavoro brillante, comunque non è durato molto. nonostante le cure la donna è morta 48 ore dopo in rianimazione.
Cosa hanno fatto i parenti?
Hanno chiesto l'autopsia per sapere se gli avevamo fatto l'eutanasia.
si. eutanasia.
Il dolore per la perdita di chi amiamo ci sconvolge, e cerchiamo tutte le possibili ragioni per giustificare la morte, ma nulla mi toglie dalla testa che in questo caso la colpa sia dell'informazione. Il dibattito sull'eutanasia è stato affrontato in Italia in maniera assolutamente sbagliata, facendo leva sulle reazioni emotive della gente, sui casi limite singoli, sulla fede e sull'appartenenza politica. Un argomento che avrebbe dovuto essere trattato con delicatezza e rispetto, in punta di piedi, abbassando i toni e cercando di rivolgersi alle persone individualmente oltre le differenze, perchè siamo tutti uguali davanti al dolore, è stato invece sbattuto in prima linea e affrontato con gli stessi toni dello scudetto per succhiare quanta più audience si poteva da una caramella ideologica così ghiotta.
Il risultato pesa su di noi, che in questa realtà ci lavoriamo, sui pazienti, strumentalizzati e maltrattati spesso per paura, e sulle loro famiglie che aggiungono le ansie che gli hanno inculcato i media a quelle già presenti in una situazione così.
Vorrei far capire a queste persone che il nostro compito non è interrompere la vita, ma mantenerla. Che il difficile non è far morire i pazienti, ma farli sopravvivere, ed è a questo che mirano i nostri sforzi. Noi medici siamo spesso colpevoli di molte leggerezze, ma nella maggior parte siamo persone che cercano onestamente di curare il loro prossimo; magari non sempre riusciamo ad essere all'altezza, ma ci proviamo.

Pochi maledetti e subito

Già di per sè un co.co.co. non è esaltante, ma tant'è,  tutto fa brodo per un 30enne in Italia oggi. Però ci sono dei limiti a tutto.

Lavoro dal 17 marzo e ancora non mi hanno dato un euro, perchè l'ufficio pagamenti è "un po' in ritardo", come mi hanno spiegato dei sorridenti impiegati che lavorano dalle 9 alle 2.
In questi ultimi 30 giorni ho sfondato il tetto delle 200 ore di lavoro, quando ne dovrei fare 142, come tutti gli altri; ma siccome il co.co.co. non prevede orario, nè straordinario queste ore non saranno pagate, al limite, potrei recuperarle.
ovviamente non me le fanno recuperare... ca va sans dire.

eh, voi giovani siete fortunati! - non fanno altro che ripetermi tutti i 60enni che ho intorno - alla tua età io già mantenevo una famiglia e ci facevano lavorare come bestie! mica avevamo la vita facile come voi...

 e tu sei lì con un sorriso tirato sulle labbra che pensi che l'eutanasia potrebbe essere una buona idea, tutto sommato. La tua.