lunedì 30 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - good night and good luck

Stanotte è morto Mario.
Non è il primo paziente e non sarà l'ultimo che muore in rianimazione, ma era quello a cui mi ero più affezionata.
Aveva cominciato a migliorare durante una lunghissima domenica in cui ero di guardia. L'avevo messo ben seduto sul letto e mentre facevo il giro degli altri pazienti ogni tanto lo chiamavo: Mario, tutto bene? e lui tirava su il pollice da lontano.
L'abbiamo trasferito nell'area subintensiva e dovevamo dimetterlo, così sono andata a salutarlo: "Mario, appena stai bene torni qui e mi vieni a cercare, così vedi la mia faccia senza occhiali e mascherina. Anzi, sai che ti dico? quando vieni mi offri un caffè, tanto non lo diciamo a tua moglie e a mio marito!" e ho strizzato l'occhio; ha sorriso e mi ha fatto cenno di sì con la testa.
Mi sembrava un po' pallido, quindi ho controllato i suoi esami, anche se non era tra i pazienti che seguivo io quella sera, ma era tutto a posto.
Venti minuti dopo mi hanno chiamato per un arresto cardiaco, ed era lui.
Quello che ha avuto probabilmente, è stata un'embolia polmonare, un evenienza rara, ma possibile. E non serve a niente il fatto che lui facesse da sempre la profilassi per la tromboembolia, perchè Nostro Signore quando decide chi chiamare usa i suoi protocolli, che sono più aggiornati dei nostri, ma Lui non li condivide, e non è servito a niente neppure che ci fossero 4 rianimatori a fare tutto lo show della rianimazione cardiopolmonare : scarica!, adrenalina, atropina, massaggio cardiaco e tutto il corrimi dietro, perchè il suo cuore non ci ha dato la soddisfazione di riprendere a battere neanche una volta, neanche per un secondo,  neanche quando ci spolmonavamo perchè fare una rianimazione cardiopolmonare con tuti i DPI addosso è come fare una gara di rumba con una muta da sub.

Dopo, eravamo l'infermiera ed io sedute in una stanza squallida a guardare il muro in silenzio fianco a fianco, come in un'inquadratura di un film dei fratelli Coen, ed io ero così triste e arrabbiata che ho ingollato tre fette di pizza fredda e due di ciambellone, alle due di notte,  senza avere nessuna fame e senza rendermene conto, solo per avere la sensazione della pancia piena di qualcosa.
Mario sei un maledetto idiota. E mi devi un caffè.

sabato 28 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - Il primo amore non si scorda mai

E così alla fine ci siamo abituati.
è passato un mese, abbiamo i calli sul naso, facciamo la caponata con due paia di guanti sterili e ci vestiamo e svestiamo a ritmo di musica finendo la sequenza con "eeeeee Macarena!!!!"
Sembra davvero incredibile, a pensarci ora, che fino a trenta giorni fa la notte si faceva merenda in cucina tutti insieme, ci si faceva il caffè dopo mezzanotte, si portavano le torte. Un ricordo lontano la camera del rianimatore di guardia, scendere in pronto soccorso in camice e zoccoli, stare in sala con mascherina abbassata, che poi la caposala si incazza, mettere il cappellino da sala operatoria di stoffa colorata (il mio è a fantasia di giraffa).
Impensabili gli anelli delle mie colleghe, pieni di diamanti e pietre preziose, e gli orecchini pendenti, che la caposala s'incazza pure per quelli...
Io ho tolto anche la fede e mi sta sparendo il segno. Chissà se alla fine dell'epidemia dovrò farla allargare?
In compenso ho vinto a mani basse la sfida col mio amico G. un militare che, come me, ha l'abilità di addormentarsi istantaneamente in qualunque posto. Io ormai riesco a dormire su due sedie con indosso tutti i DPI inclusi gli occhiali e la visiera e i due guanti con cui ho fatto la caponata , però sciacquati con la soluzione alcolica; mentre dormo il mio subconscio risponde anche alle eventuali domande degli infermieri, sospetto con più competenza del mio Io cosciente.
Inoltre questa pandemia è un grande aiuto per la dieta del digiuno intermittente: ho già perso due chili, è facilissimo:  6/7 ore stai vestito, quindi niente cibo o acqua, quando esci sei sfatto e non hai nessuna voglia di mangiare, poi ti butti al letto et voilà: 16 ore di digiuno passano in un baleno.
Quest'estate sarò un figurino. Pure senza fede al dito; mi manca solo l'abbonamento a Tinder.
Eppure, ogni tanto riemergono i ricordi della nostra vecchia vita, per esempio un paziente con la colecisti, uno che non lo devi ventilare chissà come, basta che imposti il ventilatore normale. "Che bello!" ti viene da pensare " ti ricordi quei bei colon?"
Non siamo solo noi. Gli infermieri in questa battaglia sono stati ancora più tartassati: anche se lo minacciano, gli ortopedici non sono dovuti diventare rianimatori, mentre gli infermieri sono stati riconvertiti tutti alla terapia intensiva. Gente che stava da anni in altri posti a fare altre cose e che improvvisamente si trova sulla luna; l'altra notte una delle  anziane della terapia intensiva cardiologica (ora fagocitata tutta dalla rianimazione) guardava il monitor mormorando: come vorrei un bel blocco trifascicolare, un BAV di terzo grado, un infarto,  almeno un'insufficienza aortica..."

martedì 24 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - non stiamo bene, ma facciamo del nostro meglio (da sempre)

Tanto tempo fa un'amica che studiava antropologia,mi disse che le popolazioni indigene che si curavano con rimedi naturali senza fondamento scientifico, guarivano lo stesso perché in qualche modo agivano sulla malattia.
Era la spiegazione antropologica di quello che si chiama "effetto placebo" nella scienza medica o ,per dirla più complicata, risposta neuroimmunoendocrina.
Alla fine tutti abbiamo bisogno di fare qualcosa per placare l'ansia, per avere l'idea di non essere impotenti.
Noi medici, in questo momento lo sappiamo bene.
Io, tanto per dirne una, mi prendo una pasticca di ginseng al giorno.
Lo dicevo ad una collega che mi ha risposto che lei si prende una compressa di cebion al giorno; lì vicino un altro ha risposto che lui dava tutti i giorni il supradyn alla moglie e un'infermiera che passava ha aggiunto che lei invece ogni mattina si depurava con acqua calda e limone.
E non esiste nessuna prova scientifica che nessuna di queste sostanze abbia un qualsivoglia effetto protettivo contro un qualsivoglia tipo di patologia, e anzi, diciamolo pure, questa è roba che detta fuori dal coronavirus imporrebbe l'immediata radiazione dall'Ordine dei Medici con Rinuncia Volontaria alla Laurea in medicina, ma bisogna pure far qualcosa per esorcizzare la paura.
Una selezione casuale delle cose fuori di testa che ho fatto in questo periodo:
- dormire in salotto su un lettino separato vicino alla tartaruga (che comunque russa meno di mio marito)
- cambiarmi fuori dalla porta quando rientro a casa spogliandomi all'ingresso e rivestendomi completamente
- lavarmi i denti nel lavandino del terrazzo (qui in Toscana detto anche "pilozzo") offrendo due volte al giorno lo spettacolo di me in vestaglia, con la bocca piena di schiuma a quello della casa davanti, che alla fine dell'epidemia verrà a chiedermi "macchecazzostaifacendo?" ed io mi vergognerò come una ladra a spiegarglielo. Questo perchè ho deciso, in maniera del tutto insensata e casuale, che mentre dormo sbavo e che lo sputo del risciaquo dentale può essere contagioso.
Questo ovviamento oltre a lavarmi le mani in modo compulsivo.
Gio asseconda le mie manie e mi guarda con aria pietosa, Sofia ride di me.
Chi ti viene in aiuto, come sempre, sono i colleghi ,che ogni tanto li vorresti uccidere ma il più delle volte ti salvano la vita; ieri al cambio eravamo in 3. Una ha detto: "io ho il raffreddore. Oddio, che ansia, ce l'avete anche voi?"
"Io sì," ho risposto subito "E mi sento anche un po' mal di gola !"
"Anche io! "ha esordito la terza "ho avuto un mal di gola fortissimo la scorsa settimana e l'ho fatto passare a forza di borocillina!"
Poi ci siamo guardate, sollevate di essere tutte nella stessa paranoia.
Ce lo ricorderete quando sarà tutto finito, vero?
Io prometto di smettere col ginseng.

lunedì 23 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - fino a qui tutto bene

Sembrerà un controsenso, ma ho scelto anestesia anche perchè non volevo avere paura.
Io di natura non sono un cuor di leone: mai stata una di quelle che pensavano "che figata buttarsi col paracadute!", mai pensato di andare a cercare coccodrilli nel Borneo ( o dovunque siano) , detesto volare, soffro il mare per cui niente rafting o canoa estrema e al pensiero di viaggiare sulla luna vengo presa dall'ansia.
Il massimo della mio senso dell'avventura sono le montagne russe di Nemo a Disneyland Paris, quelle per i bambini piccoli, alla fine delle quali avevo comunque bisogno di un ansiolitico, mentre Sofia a sette anni le faceva con le braccia sollevate sopra la testa urlando: "CHE BEEELLLLLOOOOOO!!!!! RIFACCIAMOLO!!!!!!!!".
Quindi no. Non mi piacciono le emozioni forti.
Quando si è trattato di scegliere la specialità ho pensato: in medicina ci sono cose spaventose: il trauma, l'arresto cardiaco, l'emergenza (non sapevo ancora quante, in realtà, sono molte di più...) . Dove posso andare in un posto in cui mi insegnino a gestire queste cose così bene che anche se mi capitano non avrò paura?
Ed eccomi qua: Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione.
E fino a qui questa scelta aveva pagato. E sì, perchè al duecentesimo arresto cardiaco della tua vita tu non hai paura, in qualunque modo avvenga.
Puoi avere determinazione, ansia, cercare al massimo di fare del tuo meglio per salvare una vita. Ma paura non più, visto che sai cosa fare, sai cosa succederà.
Fino ad ora.
Perchè, lo confesso senza vergognarmene, ho paura.
Ho paura di infettarmi e di infettare la mia famiglia. E se anche questa paura è irrazionale, se anche mi ripeto che uso tutti i DPI , che la probabilità di contagio è molto bassa, alla fine rimane sempre quel peso nel petto. Quel pensiero fisso che continua a correre come un topo sulla ruota e fa si che mentre lavori, stai a casa, dormi, ti lavi, qualcosa dentro di te sta sempre in ascolto a sentire se ti viene da tossire, se ti fa male la gola, se ti senti salire la febbre, se respiri bene. E questo pensiero non è mai sazio, non è mai soddisfatto.
Per questo io non vi capisco quando vi lamentate che dovete stare a casa; perchè io darei qualcosa per far tacere quella voce. Per dire che semplicemente "noi stiamo a casa e non ci possiamo infettare."
Per avere la tranquilla certezza che andrà tutto bene.
Io ci posso solo sperare giorno per giorno.

sabato 21 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - dispositivi di protezione individuale

I DPI fanno cagare.

Lo dico così, come sfogo insensato.

In questo momento mi stanno probabilmente salvando la vita e spero con tutto il cuore di continuare ad averli. Ormai siamo tutti ingegneri perfettamente consapevoli della differenza tra FFP2 e FFP3.
Però.
Dopo un ora che ci respiri dentro cominci a sembrare dart vader perché l'aria non passa normalmente  e ti sembra di dover tirare.
Se hai il naso grosso ti sfregano sul naso, se hai gli zigomi altri ti fanno male alle guance, se hai il viso lungo ti strusciano continuamente sul mento. In ogni caso devi abituarti a lavorare con un fastidio continuo su qualche area del viso. (che poi manco a dirlo che non ti puoi toccare)
La maschera protettiva per gli occhi si appanna col respiro che fuoriesce dalla mascherina protettiva per la bocca con un suggestivo effetto acquario. Se invece ti metti la visiera che si poggia in testa ti vengono i segni in fronte che pari Nostro Signore con la corona di spine, pronti giusto per la quaresima.
Il camice è più comodo, ma poi bestemmi perché ci devi mettere i calzari per evitare la temibile contaminazione intercavigliare e quelli ti calano e ci devi mettere il cerotto per tenerli su, che però con due paia di guanti ti si appiccica ai guanti e finisce che sudi e bestemmi come una foca e c'hai pure la mascherina ; la tuta della casa di carta ha il culo che scivola, perché è impermeabile e se ti siedi al volo su una sedia un po' in pizzo ti ritrovi per terra.
E questo senza contare che per mettere e  togliere tutta questa roba in modo corretto c'è una sequenza così complicata che in confronto le coreografie del Bolshoi sono "rum /coca coca"  da sbronzi al villaggio vacanze. E alla fine sei sicuro di aver sbagliato qualcosa. Non sai cosa, ma sicuro.
Moriremo tutti di contagio intercavigliare

venerdì 20 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - scendi il cane che lo piscio

C'è questo problema che vi angoscia molto tutti: posso o non posso andare a correre?
ecco: esaminiamolo insieme.
Ci troviamo davanti ad un virus a trasmissione aerea da individuo a individuo tramite goccioline di saliva emessa durante tosse o starnuto entro un metro di distanza, meglio un metremmezzo/due.
Un singolo maratoneta che corre su un argine, non ha nessun rischio di infettarsi, perché non ha contatti interumani e il virus non salta come le pulci.
Il contagio si potrebbe escludere anche nel caso che il nostro maratoneta solitario incrociasse un altro maratoneta sull'argine. Se i due si incrociano a distanza di sicurezza, per un brevissimo attimo, le possibilità che il virus passi da uno all'altro sono praticamente nulle.
Ma poniamo anche che ci fosse un terzo ciclista (che poi non capisco perché c'avete tutti sto spasmodico desiderio di fare sport, che normalmente quando chiedo alle amiche se si segnano in palestra con me a settembre pare che le ho invitate ad un morbillo party...) , ma insomma: anche il ciclista potrebbe passare ad un metro di distanza senza infettare nessuno.
perciò, teoricamente, non ci sarebbe nessuna difficoltà nel fare attività fisica, anzi: uno dovrebbe dire: ma sì, andate pure a passeggiare una mezz'ora al giorno che vi fa bene!
Teoricamente.
eh si, perché voi non è che andate a correre solitari sull'argine.
No.
Voi andate al parchetto sotto casa. Nelle ore calde. Dandovi appuntamento cogli amici e con le amiche e dicendovi "ma tanto ci facciamo un saluto e rispettiamo le distanze", ed eccovi là in venti che vi scatarrate allegramente sulle rispettive tovaglie da picnic. Poi dopo una settimana il telegiornale dice che c'è un picco di nuovi positivi e io m'inkazzo, comincio ad urlare che servirebbe PolPot, perché Stalin e Hitler erano troppo morbidi, e mio marito deve stordirmi con la cerbottana e il sedativo per orsi.
Perciò: la domanda da farsi non è se il vostro regolamento comunale permetta o meno la corsa al parchetto. La domanda che dovete porvi è: se esco a correre 20 minuti farò qualcosa di indicibilmente stupido che metterà in pericolo la mia vita e quella degli altri perché sono un irredimibile coglione?"
Se la risposta è no, andate pure a correre sull'argine.
se la risposta è sì, comprate un tapisrulant su Amazon.

giovedì 19 marzo 2020

Cronache dal coronavirus - Amazon

Io e Gio ci siamo messi insieme nel 2002.
Da allora ad oggi, e sono solo 18 anni in fondo, sebbene aspirassimo ad una vita normale  siamo passati attraverso una serie di eventi rocambolechi che comprendono cose come tumori e traslochi, fallimenti e repentini cambi di lavoro: giustamente , ad un curriculum come il nostro non poteva mancare un'epidemia.
Una delle cose che ci ha sempre tenuto uniti è la nostra capacità di spalleggiarci a vicenda nei momenti difficili. Sebbene normalmente siamo in grado di tirarci i piatti ,se succede qualcosa di serio io sono certa di voltarmi e avere le spalle coperte da lui.
In questo frangente non è stato diverso: non appena si è capito che questa storia avrebbe avuto l'impatto di un meteorite sulla mia vita, Gio si è resettato in modalità supereroe: ha placato la mia ansia, gestisce Sofia in modo che lei non si annoi , fa in modo che la casa non derivi a giungla e che ci sia del cibo in stato di decomposizione non troppo avanzato in cucina.
Ah, nel frattempo lavora in remoto.
Sofia, con davanti l'esempio del padre, si è subito allineata e ormai si gestisce praticamente da sola. Non ha mai fatto neanche un capriccio e si limita  a dire 60 o 70 volte al giorno "che pizza però! " che mi sembra il minimo sindacale per una novenne rinchiusa in casa.
Io, nel frattempo torno ad orari improbabili, con uno stato d'animo immaginabile e sono simpatica come una pantera . Alterno fasi di mutismo catatonico a fasi di logorrea, con ritmi imprevedibili e sono totalmente ignara delle necessità basali della sopravvivenza.
Ieri mio marito mi ha fatto vedere un elastico da fitness
"Hai visto cosa ho preso su Amazon? così posso allenarmi un po' anche in casa" ha detto
"Figo! "ho risposto io guardando l'elastico "ah, ho ordinato anche io una cosa su amazon, il pacco dovrebbe arrivare entro il 19"
"Cosa hai preso?" mi ha chiesto
"Una bottiglia di Southern Comfort"



martedì 17 marzo 2020

Cronache da coronavirus

Cose che odio del coronavirus

  • Quelli che "Moriremo tutti, ci sarà l'apocalisse zombie"
  • Quelli che " dai che finirà prestissimo, in fondo che vuoi che sia"
  • Quelli che " la gente stanno fuori, ti rendi conto che non escono di casa"
  • Quelli che "la gente stanno fuori ti rendi conto che escono a passeggio come se niente fosse"
  • Quelli che ripostano su FB articoli di virologia e immunologia come se fossero i compagni di Burioni e nella vita fanno i maniscalchi.
  • Quelli che "Mi ha detto un amico di Bergamo che ormai loro mangiano le locuste"
  • Quelli che "Mi ha detto un amico di prato che in Cina muoiono ancora come le mosche ma a noi non ci dicono niente"
  • Quelli che "questo virus è un complotto cinese per prendere il potere in Europa"
  • Quelli che "questo virus è creato in laboratorio per destabilizzare l'ordine mondiale"
  • Quelli che "il vaccino c'è già , ma ce lo tengono nascosto"
  • Quelli che "l'OMS dice che vanno bene anche le mascherine FPP2 perché vuole farci morire tutti"
  • Quelli che " Ho saputo che a Firenze ci sono già 600.000 contagi (notizia appresa al bar)"
  • Quelli che "è tutto finto, ti pare che sennò gli americano mandavano 500.00 soldati in Europa?"

Cose che non odio del coronavirus
  • - Quelli che non dicono niente.



domenica 15 marzo 2020

Cronache dal coronavirus

Gira su internet quella foto dell'infermiera che dorme appoggiata alla tastiera, che fa tanto scalpore. Non so come mai: io dopo 10 ore di guardia potrei addormentarmi benissimo qua, su questa sedia, con tanto di DPI indossati.
L'idea di alzarmi e di andare a fare il giro letti - l'ennesimo da stamattina alle 8 - mi provoca una sensazione di sgomento.
Se il mio lavoro consistesse sempre in questo, giuro che avrei fatto lettere.
Abbiamo 13 pazienti in rianimazione, alcuni da 3 o 4 giorni, altri da una settimana: stanno tutti uguali, qualunque cosa facciamo. I colleghi del nord ce l'avevano detto: guardate che sono pazienti che stanno inchiodati per un tempo lunghissimo, ma trovarselo davanti è una roba che ti fa uscire di testa.
Abituati ai decorsi turbolenti delle polmoniti batteriche, in cui in pochi giorni si decide tra la vita e la morte, questa specie di grigio è totalmente scoraggiante: metti il malato prono, poi lo rimetti supino. Ventili in un modo, poi in un altro, poi in un terzo, ma l'emogasanalisi (una roba che serve per capire come respiri)  rimane sempre così così: non va malissimo, ma neanche migliora molto.
Stanno tutti così, da giorni: un po' meglio. Poi un po' peggio. Poi un po' meglio.
Dopo un po' ti passa anche la voglia di fare cose, perché hai l'impressione che niente serva a niente e quando esci a fine turno cerchi di pensare a cosa potresti fare di diverso, da quello che hai già fatto.
I colloqui con i parenti sono surreali: Chiami al telefono degli sconosciuti e gli dai notizie che in pratica sono sempre uguali. Non so neanche, a questo punto se sia sensato dirgli ogni giorno: " oggi va meglio "o "oggi va peggio" perché tanto è più o meno lo stesso...
Dice che dopo un paio di settimane si sbloccano.
Aspetteremo, facendo un bel respiro.
Il coronavirus non è per anestesisti impazienti.

sabato 14 marzo 2020

Cronache dal Coronavirus

Io sono quella che stava nell'ospedale di riferimento della SARS nel 2009 ed è riuscita a cambiare regione, e trasferirsi in un ospedale più piccolo che è riferimento della Covid nel 2019.
praticamente sono la Signora in giallo dell'anestesia.
Quando mi trasferisco la gente comincia a grattarsi i coglioni...
Che dire? a me piace l'anestesia, ma confesso che in questi giorni ho pensato spesso che in fondo Lettere non era niente male.
Penso più o meno tutti.
la cosa bella è che con questa epidemia riprendi contatto con un sacco di colleghi e amici che non sentivi da tempo. Appena possiamo uscire faremo grandi rimpatriate.
Tutti ti chiedono come va? ed io non so bene che rispondere perciò di solito mi tengo sul vago.
Va così.
Il lavoro è triste stressante e noioso.
Triste e stressante per ovvi motivi, noioso perchè ci sono 13 pazienti (per ora ) tutti esattamente uguali, il che è un esperienza originale per una rianimazione. Tutti con la stessa patologia, la stessa terapia e gli stessi sintomi.
Per me, che ho la memoria di un pesce rosso, è complicatissimo: vatti a ricordare quale dei 13 ha fatto il curaro oggi?
quale stai in APR e quale in SIMV da ieri?
è il letto uno che ha la birubina normale e la creatinina alta  e il letto due viceversa?
Uno strazio.
Faccio schemi e giro con un blocco di riassunto, ma sogno chip intracerebrali alla johnny mnemonic.
Sto andando a ristudiare cose che non vedevo dalla specializzazione.
Quando poi esci dal tuo turno torni a casa e vorresti solo fare finta che tutto questo non esistesse.

venerdì 6 marzo 2020

Dilemmi editoriali

Dicono tutti che le finestre in legno sono bellissime.
Sicuramente.
 Io, però che sono una gretta materialista sogno le finestre in PVC che non fanno passare l'aria, non si deformano , hanno le serrature che funzionano e magari anche il vasistas.
Le meravigliose finestre in legno che ho in casa ( come tutte le altre meravigliose finestre in legno che ho avuto in tutte le altre case) comprendono maniglie difettose, cornici cubiste ed una quantià di spifferi che rende l'isolamento termico ed il risparmio energetico praticamente un miraggio.
Purtroppo il costo necessario a passare da questi capolavori naturali ad un becero e triviale PVC si aggira intorno ai quindicimila euro, quindi è probabile che godremo ancora per molti anni di questa grande bellezza.
L'incantevole finestra del bagno, per esempio,  non resta aperta, quindi per evitarne la chiusura utilizzavo come cuneo un vecchio romanzo harmony giunto in casa nostra per vie traverse, che rispondeva allo scopo ottimamente.
Un giorno a cena Gio mi ha chiesto: "ma scusa Propofol: non potremmo utilizzare qualcos'altro per tenere aperta la finestra del bagno? qualcosa che magari sia anche leggibile mentre uno sta in bagno?"
dato che la questione era delicata ci ho riflettuto seriamente.
Ho buttato l'harmony e ho comprato una bella copia fiammante di Men's Health che ho messo in bella vista sulla finestra, anche se l'harmony era di misura più giusta.
Dopo una settimana ho affrontato di nuovo l'argomento: 
"senti ho detto  quella rivista in bagno...ho provato a leggerla..."
"anch'io," mi ha interrotto lui. "è DAVVERO orribile."
"sì, guarda. in confronto l'Harmony era alta letteratura."
"illeggibile"
Il giorno dopo sono passata dal giornalaio e ho comprato Le Scienze.
Almeno vado sul sicuro che è interessante, mi sono detta.
Troppo. perchè poi capita un' amica biologa a cena e tu glielo presti per farle leggere un articolo sul DNA dei neanderthal che ti ha fatto proprio pensare a lei.
Allora ho preso il National Geographic.
Mi sono detta: cambiamo genere. Sono quasi tutte foto.
Peccato che quelli del National Geographic abbiano fatto uno splendido articolo sugli arsenali di Venezia, motivo per cui ho trovato la finestra chiusa e la rivista sul comodino di mio marito.
Per fortuna tornando da un viaggio transcontinentale, lui ha portato una copia de l'Economist che ha già letto e che resiste in bagno da quasi 3 giorni.
Io non so se la penna ferisca più della spada, però per i serramenti è un vero disastro.

il devastante potere della mente

Dite la verità: voi pensate spesso che noi medici con questa storia della prevenzione siamo dei rompiscatole.
Lo so.
E guarda, avete anche ragione.
Io la capisco mia madre che alza gli occhi al cielo ogni volta che le dico di fare il sangue occulto nelle feci. Davvero. Lo capisco che l'ultima cosa che ti va di fare è metterti a raccogliere campioni di feci e poi portarli in giro. Ed è proprio perché io lo so -perché noi medici lo sappiamo- che siamo quello che qua in Toscana definiscono, con mirabile precisione "un gatto attaccato ai coglioni"
D'altronde, se pensate che per noi sia un piacere disilludetevi: mentre voi avete un'idea approssimativa di quello che può significare un cancro al colon io ne ho un idea precisa fino all'ultimo orribile particolare. Se vi angoscia il poco che sapete pensate quanto siamo angosciati noi che sappiamo tutto.
Io ho una familiarità per cancro al seno e ogni anno faccio mammografia ed ecografia come da linee guida, ma questa cosa di solito è complicatissima perchè il mio subconscio la rifiuta con tutte le sue forze e crea una serie di ostacoli inverosimili per farmela rimandare.
Quest'anno per esempio ho cominciato ad angosciarmi a dicembre pensando che avrei dovuto farmi fare la ricetta per la mammografia. A metà gennaio ancora ero senza ricetta; In fondo sono un medico che lavora in un ospedale: quante possibilità ho di trovare un altro medico?
Nostro Signore, che è un fan della prevenzione, ha guidato la mano del primario mentre faceva i turni e mi ha messo a metà gennaio in sala operatoria in chirurgia senologica. A quel punto con due senologi davanti è stato virtualmente impossibile anche per il mio subconscio evitare di farsi fare la ricetta.
Due giorni in più perchè ovviamente non avevano il timbro là e per fare la strada dalla sala operatoria al bancone del reparto mi ci sono volute 48 ore.
Comunque a fine gennaio avevo la ricetta timbrata.
Cosa ci vorrà mai a prenotare una mammografia?
Tra l'altro io lavoro in una città e vivo in un'altra quindi posso utilizzare due CUP di cui uno nell'ospedale in cui lavoro.
Dopo 20 giorni in cui mi ricordavo di chiamare il CUP solo rigorosamente dopo le 17 o durante i festivi ho chiamato la mia amica farmacista (qui in Toscana le farmacie fanno anche da CUP) e l'ho implorata di prendermi un appuntamento lei perchè io da sola non ce l'avrei mai fatta.
Non c'è riuscita per motivi tecnici.
A quel punto ho deciso di usare la violenza.
Mi sono alzata mettendo la sveglia in una mattina in cui non lavoravo.
Ho mandato la bambina a scuola con Gio
mi sono seduta alla scrivania e ho telefonato al CUP.
Et voilà: ecco prenotato il mio comodo appuntamento per lo screening mammografico in 10 minuti.
E 64 giorni esatti
il devastante potere della mente.