giovedì 3 giugno 2021

Quando uno è imbecille

 Io normalmente sono abbastanza amata dai pazienti. 

Non sono proprio la madrina di cenerentola, ma cerco di essere empatica e trattarli con dolcezza, perchè comunque loro stanno male ed io sono la sconosciuta a cui si affidano. 

Non ho mai capito cosa li spinge ad avere atteggiamenti cosi totalmente diversi: alcuni arrivano spaventati, altri calmi e collaborativi, alcuni sospettosi ed altri francamente oppositivi. Questi ultimi sono quelli di fronte a cui è più difficile restare calmi, sopratutto perchè devi passare metà del tempo a cercare di convincerli a curarsi. E siccome di tempo già ce ne sta poco, sprecarne metà con un adulto che si comporta come un bambino di 6 anni è abbasanza frustrante. Questo è il caso di Maria, proveniente da un altro paese e ricoverata in terapia intensiva covid. Da quando ha messo piede in reparto Maria si è opposta con tutte le sue forze a qualunque tipo di trattamento proposto; e non dico cose invasive come il casco a pressione, ma anche la semplice mascherina dell'ossigeno che lei "non la può tollerare ,le dà fastidio questa cosa sulla faccia" come spiega stizzita mentre se la strappa dal viso per l'ennesima volta. Peccato che in aria ambiente la sua saturazione di ossigeno sia 78% a fronte di un valore minimo di 90. Invano abbiamo provato a spiegarle che non sta bene e deve curarsi, ha risposto dicendo che al suo paese la bronchite si cura a casa con gli antibiotici (fcendosi così mandare a quel paese anche dal collega più paziente del reparto)

Quando sono arrivata quindi, già sapevo che le cose non sarebbero state facili.

Mi sono avvicinata al suo letto, l'ho salutata e lei ha cominciato una serie di rimostranze su tutto quello che era possibile elencare, dalla temperatura della stanza alle cannule per l'ossigeno. Ho provato ad assecondarla, a darle ragione, a modificare alcune delle cose di cui si lamentava, ma sapevo che saremmo andati a parare su un punto dolente: il suo ossigeno era troppo basso, doveva fare qualcosa. Ho provato a proporle il casco e ha rifiutato seccamente e senza appello, ho illustrato le cannule ad alto flusso e le ha bocciate perchè le seccano il naso, la mascherina con l'ossigeno, no , perchè le dà fastidio. Allora le ho chiesto semplicemente di mettersi a pancia in sotto e mi ha risposto seccata e maleducata che lei così non ci voleva stare.


Confesso che a quel punto ero un bel pezzo avanti ai miei limiti di sopportazione. 

Avevo altri pazienti gravi da guardare  e nessuna altra idea di come fare a convincerla, e, come direbbero qui in Toscana, mi si è chiusa la vena.

L'ho guardata e ho detto: vabbè, fai come ti pare. Quando non respiri chiama.

Ho girato le spalle e me ne sono andata. 

Ha cominciato ad urlare come un aquila (Dio solo sa come, visto che aria nei polmoni ne aveva ben poca), e l'ho ignorata, poi ha iniziato a chiamare i parenti al telefonino raccontando a tutti della dottoressa cattiva che le aveva detto di chiamare quando non respirava. Dopo questa scena madre durata una decina di minuti mi sono riavvicinata.

Mi ha coperto di insulti, urlando che non potevo dirle questo e che dovevo curarla e che ero cattiva, insulti ai quali non ho risposto. Dopo altri 10 minuti di urla si è calmata. A quel punto le ho detto: va bene, Maria, ti curo, però tu ti devi mettere il casco. 

e lei ,finalmente, ha acconsentito.

Io ho la gastrite

Non mi pagano abbastanza per fare anche l'assistente sociale....