giovedì 27 novembre 2008

Non si vive di solo pane

Tutti i pazienti entrano in sala operatoria terrorizzati, solo che alcuni lo nascondono meglio di altri.
I bambini sono terrorizzati come tutti, però a differenza degli adulti, se li rassicuri si fidano.A differenza degli adulti, inoltre, se gli dici un mare di cazzate quasi sempre ti sgamano subito.
L'altro giorno abbiamo fatto un piccolo intervento ad una deliziosa 12enne di nome Amanda che mi ha letteralmente sommerso di domande perfettamente lucide e coerenti.
Le ho spiegato che le avrei fatto aspirare una sostanza da una maschera e che questa sostanza l'avrebbe fatta sognare
"Mentre ti addormenti devi pensare a qualcosa di bello, così lo sognerai durante l'anestesia...chessò, potresti pensare alle winx! ti pacciono le winx?" ho detto io, memore della grande passione di mia nipote per queste bambole.
mi ha guardato compassionevole: "Casomai ad "high school musical", c'è Zach Efron che è fighissimo!" mi ha corretto.
"Sentirò dolore dopo l'intervento? " ha chiesto poi
"No, e se lo senti, mi fai chiamare ed io ti farò una medicina che te lo fà passare" le ho assicurato.
Dopo questa precisazione mi ha seguito in sala operatoria e si è fatta addormentare con una serenità e una fiducia che un adulto non avrebbe mai avuto.
Quando l'intervento è finito l'ho svegliata e l'ho mandata in reparto.
A fine giornata, sono andata a dare un'ultima occhiata ai pazienti; mi ha fermato la madre di Amanda nel corridoio:
"Dottoressa? la bambina ha chiesto di lei tutto il tempo."
Preoccupata che avesse dolore o nausea sono entrata. Amanda dormiva tranquilla nel lettino; le ho accarezzato la testa: "tesoro, tutto bene? hai dolore da qualche parte ? mi volevi dire qualcosa?" le ho detto.
Lei ha aperto gli occhi mi ha guardato e poi ha spalancato le braccia e me le ha gettate al collo "sto benissimo. grazie. " mi ha sussurrato nell'orecchio.
Io, ovviamente, mi sono sciolta dalla commozione.
Ecco perchè ho scelto anestesia.
e scusate se è poco.

mercoledì 19 novembre 2008

Oculisti mon amour

Veramente, io non rinucerei alla mia giornata di oculistica per nulla al mondo:una seduta operatoria lì mi fa sentire un genio, è un vero toccasana per il mio ego.
Ieri per esempio, apro la cartella del terzo paziente in lista e leggo la data di nascita: 1908. Ho controllato che non fosse uno sbaglio e l'ho guardato.Dopo aver constatato che era vivo da alcuni impercettibili segni clinici e dopo aver appurato che presentava una straordinaria somiglianza con tutankamon mi sono avvicinata al chirurgo ridendo:
"Professore", gli ho detto " noi vogliamo veramente prenderci il rischio di mettere sul tavolo operatorio un paziente di cento anni, sia pure in anestesia locale, per un intervento di cataratta? Se il Signore sceglie proprio questa mezz'ora per chiamarlo a sè, cosa gli raccontiamo prima ai parenti e poi eventualmente al giudice?"
Lui mi ha guardato stupito e ha risposto, serissimo:
"Ma guarda che ci sono lavori scientifici che dimostrano che quest'intervento allunga la vita ai pazienti: perchè ci vedono meglio e inciampano meno!"
Mentre io stavo per chiedere di quanto pensava di poter allungare la vita ad un paziente di 100 anni con qualcosa che non fosse l'elisir di eterna giovinezza, arriva un'altra oculista e dice: "è matura la cataratta?" (cioè è pronta per essere operata, le cataratte si operano solo quando sono formate e impediscono la visione,e allora si dicono " mature")
la caposala che era lì presente, a quest'uscita non si contiene e fa: "embè, me sa che si nun è matura questa, il signore deve aspettà la prossima vita..."
ed io dentro di me pensavo: "ringrazio la mia mamma che mi ha fatto così funky..."

lunedì 17 novembre 2008

Sottili metafore

Io non ho mai avuto problemi con la madre del mio compagno, anzi: è una persona dolcissima ed affettuosa e andiamo molto d'accordo; alcune volte però ho dei dubbi sulle sue scelte estetiche:oggi,per esempio, mi ha regalato un piumone per il nostro letto matrimoniale con delle scene di caccia alla volpe nei toni del rosso e del verde...
mah...
è metaforico di qualcosa?

venerdì 14 novembre 2008

Consigli di menàge quotidiano

La sala operatoria da cui provengo è gestita formalmente dal direttore dell'istituto che ne delega il funzionamento ad un responsabile incapace quanto lui, che fa fare le cose ad un anestesista bravissimo e senza alcun titolo accademico che però manda avanti tutto lavorando come una bestia con uno stipendio ridicolo. Questo anestesista è conosciuto da tutti come Gazza.
Gazza è un ex culturista 40enne grosso come un armadio che se lo incontri per strada di notte ti spaventi. In compenso quanlunque sia il problema in una sala operatoria lui lo sa risolvere, inoltre è una persona di rara correttezza e con un cuore d'oro.
Ma quello per cui Gazza è famoso è il suo fulminante umorismo, che di solito fa inkazzare a morte chi non lo conosce, perchè è sempre provocatorio.

E' tradizione che gli specializzandi dell'ultimo anno facciano una festa dopo il diploma a cui vengono invitati colleghi e superiori. Di solito alla fine della serata il locale è devastato e tutti sono sull'orlo del coma etilico, tranne gli strutturati che, con sforzo di moderazione rimangono sobri, per evitare che la festa di fine corso paralizzi un intero ospedale.
La mattina successiva alla festa di quest'anno, Franco, uno degli specializzandi giovani, si è presentato in sala operatoria alle 10.30 del mattino con la faccia di chi ha venduto cara la pelle, e con in mano un pacco di cornetti ed un vassoio di cappuccini per tutti.
Gazza lo vede entrare, guarda l'orologio e fa: " lo sai perchè ieri sera io non sono venuto alla festa?"
Franco: " no"
Gazza"perchè io lo so che se vado alla festa mi distruggo e invece la mattina qua alle 7.30 ci devo venire a far partire la sala"
Franco: "e c'hai ragione,Gazza"
Gazza: "e lo so che c'ho ragione, io però all'età tua uscivo a ubriacarmi tutta la notte e la mattina alle 7.00 stavo in sala operatoria."
Franco: "..."
Gazza: "lo sai come facevo Fra?"
Franco: "come?"
Gazza: "mi drogavo. Se voi fa sta vita te devi drogà."
ed è rientrato in sala operatoria

venerdì 7 novembre 2008

Una forchettata

Mia madre, imperatrice indiscussa della fobia e  nobel per l'ipocondria, si sta sottoponendo all' implantologia per problemi ai denti. Dovendo fare vari impianti sopra e sotto, tutta la procedura va avanti da un paio d'anni con grande consumo di energie mentali (mie) fisiche (del dentista) ed economiche (di mio padre).

Inutile dire che per convincerla ad iniziare ci sono voluti mesi e mesi di psicoterapia di gruppo in cui mancavano solo gli "impiantati anonimi" (Ciao. Mi chiamo Maria e anche io ho un impianto ai denti... ) ;

comunque siamo quasi alla fine, mancano le ultime due sedute, il grosso è fatto e mia madre potrebbe cominciare a scalare le dosi di tranquillanti per cavalli (se non fosse ipocondriaca).

Tutti stavamo tirando un sospiro di sollievo per questa serena disposizione d'animo quando la tapina si reca al supermercato e incontra per strada la sua amica Carla che non vede da un po':

" CCCCIIIIAAAAAOOOOO!!!! COME STAI!!!! NON CI VEDIAMO DA SECOLI" ulula questa tizia che ha il tono di voce di una sirena dei pompieri

- :" eh, benino per fortuna. Ho qualche problema ai denti" sussurra mia madre

" EHHHHH TI CAPISCO, I DENTI SONO TERRIBILI: QUANDO SI GUASTANO NON C'E' PIù MODO DI FARCI NULLA"

"beh...si...io infatti sto facendo l'impiantologia"

"MA TU SCHERZI!?!?!?! MA è PERICOLOSSISSIMA! MA LO SAI CHE UNA MIA AMICA SE L'è FATTA E LE SONO CASCATI TUTTI I DENTI PER IL RIGETTO?"

mia madre inghiottisce a fatica e timidamente replica " beh, ma io l'ho già fatta da due anni..."

"MA GUARDA CHE NON VUOL DIRE: MIA CUGINA DOPO 5 ANNI CHE L'AVEVA FATTA LE SONO CASCATI TUTTI I DENTI INSIEME IN BLOCCO!"

mia  madre, bianca come un straccio, abbozza un sorriso tirato " eh, vabbè, vuol dire che metterò la dentiera"

"MA NON PUOI! PENSA CHE XYZ (noto personaggio televisivo, ndr) HA FATTO GLI IMPIANTI, LE SONO CASCATI TUTTI E POI SICCOME AVEVA FATTO GLI IMPIANTI AVEVA LE OSSA DISTRUTTE E NON HA MAI PIù POTUTO METTERE LA DENTIERA!!!"

"ma se l'ho vista l'altro giorno in televisione in uno sceneggiato?" singhiozza mamma con le lacrime agli occhi 

"NON HAI VISTO CHE NON LA INQUADRAVANO MAI DI FACCIA?!" conclude trionfante la stronza.

Ovviamente mia madre è tornata a casa e si è fumata 40 sigarette, ha passato la notte in bianco e la mattina non ha più resistito e mi ha chiamato disperata singhiozzando che le sarebbero caduti tutti i denti...

2 anni di paziente psicoterapia mia e del dentista, rovinati da una stronza al supermercato.

Grazie Carla.

Perchè non cominci a fare la spesa online?

mercoledì 5 novembre 2008

Volevo dire

Volevo dire che ho paura.

Quando il paziente entra in sala per fare l'anestesia, ho paura. Lo guardo e penso a cosa succederà se non riuscirò ad intubarlo , o se non mi verrà la spinale. Se quella persona dovesse morire e la colpa fosse mia, se non fossi capace di reagire ai mille accidenti che si possono verificare, se non fossi all'altezza. Entro in sala e ogni volta devo fare un luuungo respiro perchè , come dice Vasco "si può far finta che non ci sia niente, anche quando ti tremano le gambe", per essere rassicurante e mantenere un'apparente dignità anche quando dentro di me sto maledicendomi per non aver scelto un lavoro diverso, pensando che non volevo essere io a dovermi occupare della vita e della morte e che voglio smettere. ora. smettere. per sempre.

Volevo dire che mi viene da piangere.

quando i pazienti muoiono, le persone che mi stanno intorno muoiono, ed io so, lo vedo e so, che non c'è niente che posso fare, neanche con tutta la mia forza di volontà, impegnandomi tantissimo, neanche così posso strapparle alla morte. Volevo dire che mi sono stancata di veder morire la gente, e che per avere 32 anni penso di averne vista più che abbastanza, e che mi sono stufata, sì stufata marcia di dover essere io a decidere che devono morire, a dire agli altri che moriranno e a consolarli, mentre a me nessuno mi consola, perchè io sono il medico. Che volevo fare qualcos'altro, magari lettere, che ero pure brava al liceo.

Volevo dire che ho l'ansia

che a forza di veder morire la gente giovane di malattie comincio a credere che morirò così anch'io e mia madre e mio padre e tutti le persone a cui voglio bene. Penso che quelle persone che sono malate sono molto simili a me, a noi, e se questo è successo a loro, perchè non dovrebbe succedere a me, che non sono neanche migliore di loro?

Volevo dire insomma, che ci sono giorni in cui vorrei ranicchiarmi e piangere, come quando ero bambina, magari con l'orsacchiotto di peluche in braccio, per tutte le cose che non posso cambiare e anche per quelle che non voglio cambiare, ma non riesco a dire.

Ursula K. Leguin discorso al Mill's college 1983

Instead of saying now that I hope you will all go forth from this ivory tower of college into the Real World and forge a triumphant career or at least help your husband to and keep our country strong and be a success in everything - instead of talking about power, what if I talked like a woman right here in public? It won’t sound right. It’s going to sound terrible. What if I said what I hope for you is first, if — only if — you want kids, I hope you have them. Not hordes of them. A couple, enough. I hope they’re beautiful. I hope you and they have enough to eat, and a place to be warm and clean in, and friends, and work you like doing. Well, is that what you went to college for? Is that all? What about success?

Success is somebody else’s failure. Success is the American Dream we can keep dreaming because most people in most places, including thirty million of ourselves, live wide awake in the terrible reality of poverty. No, I do not wish you success. I don’t even want to talk about it. I want to talk about failure.

Because you are human beings you are going to meet failure. You are going to meet disappointment, injustice, betrayal, and irreparable loss. You will find you’re weak where you thought yourself strong. You’ll work for possessions and then find they possess you. You will find yourself — as I know you already have — in dark places, alone, and afraid.

What I hope for you, for all my sisters and daughters, brothers and sons, is that you will be able to live there, in the dark place. To live in the place that our rationalizing culture of success denies, calling it a place of exile, uninhabitable, foreign.

Well, we’re already foreigners. Women as women are largely excluded from, alien to, the self-declared male norms of this society, where human beings are called Man, the only respectable god is male, the only direction is up. So that’s their country; let’s explore our own. I’m not talking about sex; that’s a whole other universe, where every man and woman is on their own. I’m talking about society, the so-called man’s world of institutionalized competition, aggression, violence, authority, and power. If we want to live as women, some separatism is forced upon us: Mills College is a wise embodiment of that separatism. The war-games world wasn’t made by us or for us; we can’t even breathe the air there without masks. And if you put the mask on you’ll have a hard time getting it off. So how about going on doing things our own way, as to some extent you did here at Mills? Not for men and the male power hierarchy — that’s their game. Not against men, either — that’s still playing by their rules. But with any men who are with us: that’s our game. Why should a free woman with a college education either fight Machoman or serve him? Why should she live her life on his terms?

Machoman is afraid of our terms, which are not all rational, positive, competitive, etc. And so he has taught us to despise and deny them. In our society, women have lived, and have been despised for living, the whole side of life that includes and takes responsibility for helplessness, weakness, and illness, for the irrational and the irreparable, for all that is obscure, passive, uncontrolled, animal, unclean — the valley of the shadow, the deep, the depths of life. All that the Warrior denies and refuses is left to us and the men who share it with us and therefore, like us, can’t play doctor, only nurse, can’t be warriors, only civilians, can’t be chiefs, only indians. Well so that is our country. The night side of our country. If there is a day side to it, high sierras, prairies of bright grass, we only know pioneers’ tales about it, we haven’t got there yet. We’re never going to get there by imitating Machoman. We are only going to get there by going our own way, by living there, by living through the night in our own country.

So what I hope for you is that you live there not as prisoners, ashamed of being women, consenting captives of a psychopathic social system, but as natives. That you will be at home there, keep house there, be your own mistress, with a room of your own. That you will do your work there, whatever you’re good at, art or science or tech or running a company or sweeping under the beds, and when they tell you that it’s second-class work because a woman is doing it, I hope you tell them to go to hell and while they’re going to give you equal pay for equal time. I hope you live without the need to dominate, and without the need to be dominated. I hope you are never victims, but I hope you have no power over other people. And when you fail, and are defeated, and in pain, and in the dark, then I hope you will remember that darkness is your country, where you live, where no wars are fought and no wars are won, but where the future is. Our roots are in the dark; the earth is our country. Why did we look up for blessing — instead of around, and down? What hope we have lies there. Not in the sky full of orbiting spy-eyes and weaponry, but in the earth we have looked down upon. Not from above, but from below. Not in the light that blinds, but in the dark that nourishes, where human beings grow human souls.