venerdì 28 dicembre 2018

Sbagliarsi ogni tanto è fantastico

Per quanto poco voi ci crediate, e per quanto la stampa si sforzi di presentarvela in altro modo, la decisione di lasciar andare un paziente è per un rianimatore, sempre estremamente difficile.
La moderna medicina ci rende in grado di tirare avanti situzioni disperate per tempi indefiniti e sapere quando fermarsi è una sfida che ci poniamo ogni giorno.
Al contrario di quello che si pensa un medico è una persona che ha propro sentito dentro di sè, ad un certo punto della vita e presumibilmente per almeno 6 anni, il desiderio di alleviare le sofferenze degli altri e , se possibile guarirlo dalle malattie. La nostra attitudine, la nostra preparazione, l'intera somma delle nostre conoscenze e capacità ci rende fatalmente portati a cercare di curare chiunque oltre ogni ragionevole possibilità.
Almeno per riflesso condizionato.
Siccome però siamo anche realistici cerchiamo di renderci conto di quando stiamo solo prolungando  le sofferenze di una persona. Questo tipo di decisioni è sempre sofferto e aspramente dibattuto, perchè c'è sempre chi dice "ma aspettiamo ancora un po'" e chi dice" non ha senso" e queste due posizioni  possono accendere gli animi del gruppo più coeso.
Questo ampio preambolo per parlare della signora Silvana che, con una serie di malattie croniche che coprono almeno 3 o 4 esami del corso di laurea, è giunta da noi in rianimazione intubata e con un infarto.
Dopo un pao di settimane di terapia massiccia su tutti gli organi nobili siamo arrivati ad un puto in cui si poteva tentare di estubare.
Questa è un po' una cartina di tornasole, nel senso che ad un certo punto, se hai guarito tutto il guaribile, resta da capire se quello che rimane è in grado di sopravvivere: se il cuore è in grado di mantenere una pressione accettabile e continuare a battere, se i polmoni hanno ancora abbastanza stoffa per dare ossigeno e scambiare anidride carbonica, se i reni riescono a filtrare abbastanza sangue.
Dopo aver estubato la signora Silvana io ho parlato a lungo con i parenti, persone deliziose, spiegandogli che da questa prova dipendeva quello che sarebbe successo dopo: se la signora era in grado di sopravvivere sarebbe andata migliorando, ma se non lo era, e le probabilità che non lo fosse erano circa il 50%, bisognava decidere insieme cosa fare: se essere ancora più invasivi, fare una tracheotomia e lasciare la signora attaccata ad un macchina che la facesse respirare sdraiata in un letto per il resto della sua vita, o se evitare manovre invasive e continuare solo terapia medica, lasciando che le cose seguissero il loro corso.
Dopo 12 ore di estubazione la signora Silvana sta peggio: viene aiutata a respirare da una maschera e mettiamo la sedazione con un po' di morfina per non farla stare male. Parliamo di nuovo con i parenti, avvisandoli che sta per accadere il peggio e di aspettarsi una telefonata da un momento all'altro.
Dopo altre 12 la situazione è ancora pessima. Togliamo la maschera e aspettiamo la fine.
I familiari affranti chiedono che le siano dati i conforti religiosi, arriva il sacerdote e le da l'estrema unzione mentre noi ci prepariamo all'inevitabile
O almeno così credevamo.
Perchè , contro ogni ragionevole previsione, la signora Silvana si sveglia, comincia a respirare da sola, tossisce, si muove, comincia a rompere i coglioni dicendo che sta scomoda e a chiedere qual è l'orario di visita (il fatto che il paziente rompa i coglioni è il segno prognostico migliore di tutta la scienza medica).
I numeri delle analisi del sangue sono più o meno pessimi, ma pare che la cosa non sia rilevante per lei che alla domanda: come si sente? risponde: benissimo, grazie.
Quando arriva il marito mi guarda perplesso ed io allargo le braccia in un gesto di totale "non so che dire"
"Senta: " azzardo alla fine"  io mi auguro che questo miglioramento non sia solo temporaneo,  però per il momento la signora sta benino...abbiamo anche tolto la morfina perchè non ha nessun dolore e gli esami sono in miglioramento... non so che dirle: sono molto felice di essermi sbagliata..." concludo.
Lui mi guarda tra il felice e l'incredulo e il perplesso "Dottoressa...speriamo...ma...saranno stati i sacramenti che le hanno fatto bene?"
ed io, che normalmente sono abbastanza restia ad attribuire a Nostro Signore il merito diretto di cose per cui basta una prescrizione in cartella, stavolta l'ho guardato serissima e ho risposto: "può essere..."

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