domenica 7 marzo 2010

Collaborazione

Ci sono persone che riescono spontaneamente a lavorare con gli altri.
Stellina per esempo, nonostante la sua bravura e la sua professionalità, riesce a lavorare con chiunque e ad essere generalmente amata e stimata da tutti.
Al polo opposto ci sono quelli che devono lavorare da soli, perchè l'interazione con altri proprio non gli riesce. Me ne vengono in mente un paio.
Non sto parlando dello stronzo/a con cui proprio non ti prendi, sto parlando di persone, che anche con le migliori intenzioni, non riescono ad empatizzare abbastanza con un altro da lavorarci in coppia.
Di solito sono persone che seguono dei loro schemi mentali rigidi e che hanno difficoltà a fidarsi degli altri; come risultato tendono o a fare tutto loro o a ricontrollare tutto quello che fai per vedere se è fatto bene.
Gli specializzandi, che lavorano in posizione subordinata a molti anestesisti diversi, sviluppano la capacità di assorbire le abitudini e "sintonizzarsi" su ognuno di noi , finita la specializzazione però , chi più chi meno, perdiamo questa capacità perchè cominciamo a lavorare da soli e a seguire il nostro schema mentale.
Fare un anestesia è, mutatis mutandis, come cucinare un piatto molto complicato. Ora, ci sono mille modi di sbattere le uova e conducono tutti allo stesso risultato, ma probabilmente ognuno di noi ha il suo che ritiene il migliore.
Mia nonna, per esempio era così.
Quando lavavo i piatti me li faceva rilavare finchè non lo facevo con il suo sistema.
Una cosa da impazzire. si, perchè con questo tipo di persone io mi impallo. Comincio a pensare a come farebbero le cose loro, invece di pensare a che risultato devo ottenere e ad usare le mie risorse mentali per entrare nella loro testa invece di usare le mie conoscenze e mi sento, fatalmente, mortificata quando correggono qualcosa.
Sembro deficiente.
Anche se fino a 5 minuti prima ho fatto quella stessa procedura, da sola, 1000 volte, appena appare lei il cervello mi si spiana del tutto e rimango tipo congelata in attesa di istruzioni.
E siccome so che lei ricontrollerà tutto finisco per andare in palla e commettere una quantità incredibile di errori o di sviste (che lei ovviamente rileva e corregge senza pietà) oppure mi blocco e resto con le mani in mano senza fare niente, così non impiccio.
Eppure mi rendo conto che lei non ha nessuna intenzione di offendermi o maltrattarmi, anzi, che come persona le sto anche simpatica!
Il risultato è che a fine giornata la mia gastrite ha fatto un balzo avanti e la mia autostima un passo indietro, e mi trovo a pensare a quanto era bello quando io e Stelluccia stavamo nella nostra sala operatoria senza nessuno che ci rompesse le palle.
Essere così felici senza saperlo...

2 commenti:

Junkie ha detto...

Interessante uso della preposizione ‘nonostante‘

Propofol ha detto...

Lo sai che hai ragione?...
e guarda che mi è venuto spontaneo, non ci ho ragionato sopra...
dovrei approfondirla questa cosa...