venerdì 5 marzo 2021

Dickens in sala operatoria

 Ci sono giornate storte, momenti in cui le mani ed il cervello non sembrano connessi  e qualunque cosa tu faccia non riesce, punto.

Siccome capitano a tutti, capitano anche allo specializzando che normalmente è abile ed efficiente, ed ovviamente capitano quando c'è un grosso intervento da mettere su e Barbablù si aggira per la sala come uno squalo in cerca di preda.

"Va bene, Mario, " gli dico " Sbrighiamoci. Intuba il paziente mentre io gli incannulo un arteria"

dopo 30 secondi arriva la sua voce: "Propofol, non riesco a intubare"

interdetta, poso la cannula arteriosa e vado alla testa del paziente "Va bene, dai, metti tu la cannula, qua ci penso io" 

ho appena finito di intubare quando sento lo stesso tono mortificato: "Propofol, non riesco a incannulare l'arteria" 

"Va bene, Mario, mettigli una grossa vena sull'altro braccio, ci penso io..." Incannulare un arteria che è stata già punta è difficile il doppio, Barbablù mi guarda con aria gentile e distaccata mentre ci provo, aumentando il mio livello di ansia con cortesi domande, tipo: "ti serve una mano? ti tengo il braccio in posizione?" al terzo minuto mi giro "Barbablù, l'hai preso il caffè? ecco, vai a prendere il caffè..."

nel frattempo sento la voce di Mario" Propofol, scusa....non riesco a prendere la vena...." 

A quel punto sto per sbranarlo, quando compare davanti ai miei occhi, come inviato dallo spirito dei natali passati di Dickens, un ricordi di 20 anni fa.

Io non ero neanche specializzanda, ero "interna", cioè un medico laureato che lavora gratuitamente in un reparto in attesa di entrare in specializzazione, ed era mattina...una mattina al termine di una lunghissima notte passata in sala operatoria. Debora, che era allora appena strutturata del reparto mi manda in magazzino a prendere una cosa per il paziente, ma io non la trovo.

"Si che c'è, " mi fa lei " sono gli scatoloni a fianco delle mensole gialle, guarda bene" 

io torno in magazzino, ma anche guardando bene non vedo niente: "non ci sono," le dico, "saranno finite".

Debora esce con me dalla sala ed entra in magazzino, va accanto alle mensole gialle e prende quello che ci serviva esattamente là dove aveva detto che l'avrei trovato.

Mi guarda con l'aria di chi ti sta mandando a fare in culo ed io, davvero mortificata mi scuso: "Perdonami...sono proprio scema" e aspetto il cazziatone. Lei sospira, mi dà una pacca sulla spalla e rimangiandosi la predica concude: "non sei scema, sei stanca. Andiamo và."

Guardo Mario che ha l'aria di un cocker con le orecchie particolarmente basse, e ripenso a quegli scatoloni: "Va bene Mario, capita a tutti una giornata no. Vatti a fumare una sigaretta. "

Chissà se Debora sa che oggi ha salvato una vita....


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