venerdì 6 dicembre 2019

Il valzer dei posti letto

Ci sono situazioni in cui un ospedale si riempie al limite delle sue capacità: alcune  di queste sono prevedibili - il picco influenzale invernale, lo svolgersi di un grande evento in zona - altre no; sembra semplicemente che, senza nessuna ragione apparente,  si ammalino tutti insieme e all'improvviso.
Il problema è che trasferire un paziente ad un altro presidio, anche se l 'ospedale dov'è arrivato scoppia,  è spesso sconsigliabile e altrettanto spesso impossibile, ma si deve comunque considerare un minimo di margine di riserva che consenta di rispondere ad altre emergenze. Se, per esempio, occupo tutti i posti di rianimazione con malati non di rianimazione  e poi mi arriva un politrauma o un arresto cardiaco dove lo metto?
Perciò in queste occasioni, e sopratutto di notte, è tutto un gioco logistico-diplomatico sulla collocazione dei pazienti ,che comprende una serie di trattative e valutazioni collegiali degne di una seduta parlamentare.
 La scorsa notte per esempio ,sono stata chiamata dalla collega del p.s. che aveva un ragazzino con una brutta crisi d'asma, fortunatamente rispondente ai farmaci. Il posto ideale sarebbe stata una terapia subintensiva pneumologica, dove tenerlo attaccato ad un monitor a controllare se respirava fino al mattino ma quel reparto era già tutto pieno; l'osservazione del p.s. era piena, la terapia intensiva cardiologica aveva un solo posto letto e noi, la rianimazione, due.
Sono scesa a visitarlo e quando l'ho visto ho pensato che stava benone. Questo prima di appoggiargli un fonendoscopio sul torace e sentire un campionario di tutti i principali rumori respiratori del libro di semeiotica del 3 anno. Ho guardato gli esami del sangue ed erano piuttosto lontani dal concetto di rassicurante, poi ho guardato la collega del P.s. che aveva quello sguardo innocente di chi già sa che ti ha fregato.
"Chiamo il cardiologo" ho detto per prendere tempo, ma sapevamo entrambe che era una partita persa, infatti lui mi ha risposto: "ma io ho un posto solo! se mi viene un infarto dove lo metto?!?!?!"
Quindi il paziente è venuto da noi in terapia intensiva.
Appena arrivato lo hanno preso in carico gli infermieri che lo hanno connesso al monitor per vedere la saturazione di ossigeno del sangue e l'elettrocardiogramma, gli hanno messo una mascherina con l'ossigeno per dargli un sangue più ricco e lo hanno connesso ad una flebo per fare terapia. Durante tutto il tempo di queste manovre la madre non ha fatto altro che lamentarsi, indignata, perché avevano messo il figlio in terapia intensiva. Stava là vicino a scrutare tutto e sembrava che il ricovero di suo figlio in rianimazione fosse una cattiverie personali diretta proprio a lei dal servizio sanitario nazionale.
"Eh, ma che gli mettete anche l'arteria?!? lo hanno già bucato tanto!" (perché noi ci divertiamo a prelevare sangue dai pazienti, mica lo facciamo per curarli...)
"Ma deve fare anche la flebo? "
"Ma ora deve stare ricoverato qui per quanto?!"

Io sono mamma, e capisco quanta ansia possa provare un genitore che vede il figlio soffocare - letteralmente soffocare - per una brutta crisi di asma e che quindi sia sconvolto e non in grado di dare un giudizio sereno e soggettivo sugli avvenimenti, però ogni tanto potremmo anche accendere il cervello e pensare a quello che succede. Lamentarsi perché tuo figlio, che stava per morire, viene curato e migliora e che poi, essendoci l'ospedale pieno, viene messo in un reparto che offre cure di livello più alto di quello che che meriterebbe è una cosa che non sta né in cielo né in terra. è come lamentarsi perché c'è stato un over booking in economy e ti offrono un posto in business class .
Occupare un posto di rianimazione costa 1200 euro al giorno. Negli Stati Uniti la signora avrebbe dovuto pagarli se voleva che qualcuno guardasse suo figlio per accorgersi se respirava o no, qui, che li paga il servizio sanitario nazionale, la reazione è che lei si lamenta.
Il nostro Sistema Sanitario ha sicuramente delle pecche e dei buchi, ma non sta scritto da nessuna parte che uno stato si debba occupare della salute dei suoi cittadini: questo principio lo abbiamo fatto valere noi e altri pochi stati del mondo. Invece di sputare sempre su quello che c'è e di pensare a tutto quello che nella nostra testa ci è dovuto, forse faremmo meglio a renderci conto di quanto abbiamo e a cercare di mantenerlo.
Con un po' più di umiltà, che non guasterebbe, sopratutto alle quattro del mattino.


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