Dopo tanti anni posso dire che essere un medico, quando hai un parente malato è orribile.
Lo è perché è quasi impossibile NON fare il medico e essere semplicemente preoccupato e ansioso invece di essere quello a cui tutti si rivolgono per avere consolazione e spiegazioni.
Lo è perché i tuoi colleghi ti considerano un collega, appunto, e si esprimono con te come se parlassero tra tecnici e quindi senza quel minimo di delicatezza che ci si aspetterebbe anche dal più scaciato laureato in medicina.
Se parlassimo a voi come parliamo tra noi, altro che aggressioni.
Ed ora che sta male una persona a cui voglio bene, mi ritrovo in un ruolo schizofrenico a gestire notizie senza aver ben presente chi sono e cosa dovrei fare: se mettermi a piangere e farmi consolare o mettere la solita maschera di serenità e prendere tutto nelle mie capaci spalle di medico.
In questa situazione gli unici che mi hanno saputo dire una parola di conforto, di rassicurazione, di speranza, sono stati, e lo dico con fierezza, i miei colleghi rianimatori; probabilmente mi hanno fatto discorsi irreali, non conformi con le aspettative cliniche o con le probabilità , probabilmente non hanno migliorato di una virgola tutto quanto; ma sono gli unici che per qualche momento, mentre dicevano quelle rassicuranti banalità , mi hanno fatto sentire il cuore più leggero.
E in quel momento non mi serviva altro
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